Pubblicato il 16 maggio, 2013 da M.G. Fiore in Speculum Maius
Voi sapete quanto io sia attenta alle parole che vengono usate e al modo in cui vengono usate…
Il linguaggio con cui descriviamo la nostra esperienza, i termini utilizzati, non sono neutri. “Il linguaggio diventa strumento di percezione”. “Noi veniamo parlati dalle nostre parole”. Le metafore utilizzate non sono neutre.
In questi giorni di polemiche, più o meno accese, sui test Invalsi, ho cominciato a notare il riferimento ai BES come a una categoria “aggiuntiva” a quelli con disabilità e ai DSA. Insomma il primo risultato della Direttiva che stiamo analizzando in questo blog sembra essere in primo luogo una nuova etichetta, l’ennesimo acronimo da “buttare giù” e digerire insieme a tutti gli altri che in questi anni ci hanno propinato per rimarcare l’inizio di un nuovo corso. Vorrei dunque, in primo luogo, richiamare i colleghi alla consapevolezza dei termini utilizzati che, ora come non mai, è indispensabile al nostro fare professionale.(*)
Non dimentichiamo che le etichette pesano, possono essere gabbie e che la burocrazia razionalizza, ignorando i sentimenti di chi viene “razionalizzato” come Cry, che dal suo blog denuncia la discriminazione dell’allontanamento dalla classe, prevista dal manuale per lo svolgimento delle prove Invalsi. Non è un caso che tanti genitori di ragazzi con disabilità abbiano avuto il suggerimento di non mandarli a scuola quel giorno… Lo stigma comunque resta e la didattica “inclusiva” va a farsi benedire.
Non posso trattenermi oltre sull’argomento ma, in tema di comunicazione inclusiva, vi rimando ai filmati del Convegno dell’estate scorsa organizzato dal CRIBA Emilia-Romagna, in particolare a quello di Claudio Arrigoni sul peso delle parole. Qui di seguito, le relazioni in pillole… Buona giornata.
(*) Update 18 maggio 2013: rileggendo il post mi sono accorta che forse non sono stata abbastanza esplicita rispetto alla consapevolezza dei termini usati. Sotto l’acronimo BES (Bisogni Educativi Speciali), rientrano tutte le esigenze di personalizzazione del percorso didattico, inclusi ragazzi “con certificazione”, con DSA e con svantaggio socio culturale. Ergo: evitiamo di parlare di “ragazzi BES” o roba simile, soprattutto se in contrapposizione ai “vecchi BES”.