Archivio per la categoria ‘ADHD’


“LA PRESA IN CARICO DEI BAMBINI CON ADHD E DELLE LORO FAMIGLIE”. EBOOK PER PSICOLOGI

Autore:  Anna La Prova, Psicologa e Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale.

Questo Nuovo e-book gratuito, destinato a psicologi e psicoterapeuti, è un vero manuale di intervento pratico per i professionisti che intendono prendere in carico i bambini con ADHD e le loro famiglie.

All’interno di questo e-book scoprirai:

  • come intervenire con i genitori dei bambini con ADHD;
  • come intervenire con gli insegnanti dei bambini con ADHD;
  • come osservare il bambino con una strategia  efficace per impostare un piano di intervento mirato;
  • come aumentare i comportamenti positivi del bambino
  • come arginare i comportamenti problematici
  • la strategia OPERA per pianificare un intervento efficace passo passo

 

LA PRESA IN CARICO DEI BAMBINI CON ADHD E DELLE LORO FAMIGLIE

*Fonte


 

 

20 Million Kids & Adolescents are labeled with mental disorders that are based solely on a checklist of behaviors. There are no brain scans, x-rays, genetic or blood tests that can prove they are mentally ill, yet these children are stigmatized for life with psychiatric disorders, and prescribed dangerous,life-threatening psychiatric drugs. Child drugging is a $4.8 billion-a-year industry. Get the facts about this multi-billion dollar industry that is labeling and drugging kids for profit.


Fonte  – Ansa .it

Rush Hour, un’indagine tra Italia, Europa e Usa, indaga sulla sindrome. Ma è vera malattia? Il grande Bollea li curava così, mandandoli in bici con il papà

  • Adhd Rush Hour, il documentario di Stella Savino sulla sindrome da deficit di attenzione e iperattività. In sala dal 26 giugno distribuito da Microcinema

(di Francesca Piereloni) (ANSA) –   Armando, 19 anni, ogni giorno da 9 anni prende gli psicofarmaci. La madre Stefania li andava ad acquistare in Svizzera quando da noi non erano ancora autorizzata. Al ragazzo era stata diagnosticata la Adhd, la  sindrome da deficit di attenzione e iperattività, un disturbo del comportamento caratterizzato da inattenzione, impulsività e iperattività motoria, una malattia su cui si dibatte da decenni, anche in relazione alle cure prescritte.  A seconda del Paese in cui si vive, infatti, che sia America, Germania, Francia o Italia, la cura potrà essere una pasticca di metilfenidato o di atomoxetina, anfetamina insomma . In America lo sarà addirittura nell’80% dei casi. Con conseguenze collaterali pesantissime. Ci sono storie assurde,  come quella di Zache, un bimbo americano di 10 anni, solare e vitale, a cui è stata diagnosticata L’Adhd al primo anno di asilo e al quale da allora la mamma Traceye dà, come prescritto, gli psicofarmaci. Trattamenti dai gravissimi effetti collaterali, ”come il rischio di suicidio, di infarto, alopecia e problemi epatici” spiega Stella Savino. Lei è l’autrice di un documentario, in sala dal 25 giugno distribuito da Microcinema, che racconta in modo lucido come oggi nel mondo viene diagnosticata e curata l’Adhd. E se ne continuerà a parlare al cinema anche quando uscirà Mommy, il film di Xavier Dolan che ha trionfato al festival di Cannes, e che racconta la vita difficile di un ragazzo iperattivo. Il viaggio di Stella Savino, ‘Adhd – Rush Hour‘, indaga tra Italia, Europa e Stati Uniti, tra laboratori di genetica e di Brain Imagin, aule universitarie e scuole elementari, dando voci ai protagonisti, bambini e adolescenti, e ai loro spesso disperati genitori.

Farsi venire il dubbio che un figlio abbia la sindrome non è difficile: i vostri figli non stanno fermi, giocherellano con le mani e con i piedi? Non riescono a stare seduti sulle loro sedie? Corrono, si arrampicano … hanno difficoltà a giocare … si comportano come se fossero azionati da un motore … quando gli si parla sembrano non ascoltare … sono distratti … non riescono a stare in silenzio, parlano troppo! Hanno difficoltà ad aspettare il proprio turno … sparano le risposte prima che sia terminata la domanda … interrompono o si intromettono nelle comunicazioni con gli altri. Anche solo sei di queste espressioni comportamentali potrebbero lanciare il campanello d’allarme sulla Adhd, una anormalità neuro-chimica geneticamente determinata.

Sempre più spesso, infatti, l’ADHD viene diagnosticata a bambini e adolescenti e nella maggior parte dei casi la cura prescritta è a base di amfetamine. Il fenomeno è molto diffuso sia negli Stati Uniti che in Europa, Italia compresa. Ma quando si può davvero parlare di malattia? La comunità scientifica dibatte e si divide da più di 50 anni su cosa sia veramente.  Solo negli Stati Uniti 11 milioni di bambini sono dipendenti dalle anfetamine. Ma è una vera malattia o il modo per ‘controllare’ comportamenti tipici dell’infanzia?

La diagnosi dipenderà dunque esclusivamente dal medico che incontrerete sulla vostra strada. Di certo c’è che i test di laboratorio e i criteri utilizzati per la diagnosi sono limitati e la cura farmacologica non è senza conseguenze: l’atomexina produce allucinazioni, gravi danni epatici e tendenze suicide, e il metilfenidato è un’anfetamina, classificata dalla DEA (Drug Enforcement Administration) nello stesso gruppo dei narcotici, insieme con l’eroina, la morfina e la cocaina. L’ONU parla di emergenza sanitaria, denuncia e lancia l’allarme ADHD “ il Consiglio invita le nazioni a valutare la possibile sovrastima dell’ADHD e frenino l’uso eccessivo del metilfenidato (Ritalin). Negli Stati Uniti è stata diagnosticata l’ADHD nei bambini di appena 1 anno”.

Il film, realizzato nel 2012 ha già trovato distribuzione in home video negli Usa con la Film Media Group e la Rai pare sia interessata a una futura messa in onda. La percezione della malattia ”è altissima nei Paesi anglosassoni (negli Usa è diagnosticata all’11% dei bambini) dove il sistema scolastico è basato sulla competizione, e scende in maniera eclatante nei Paesi mediterranei (in Italia è diagnosticata solo all’1% dei bambini) dove esiste ancora un’attenzione sociale molto forte alla famiglia”. Il primo obiettivo del film, spiega la Savino,  ”non era denunciare le case farmaceutiche ma far capire come sia difficile percepire questa problematica e come chi la affronti sia lasciato solo”.

La storia italiana ”che raccontiamo mostra un sommerso molto difficile da monitorare. In Italia infatti il Ministero ha creato un registro ufficiale adhd, e ci sono circa un novantina di centri regionali dove in teoria prima di arrivare alle terapia farmacologica bisogna provare tutte le terapie comportamentali. Ma c’è chi vuole risolvere subito il problema, e si procura i farmaci”. Tra gli esperti che hanno collaborato con la regista, c’è Stefano Canali, docente di storia della medicina e Bioetica alla Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati (SISSA) di Trieste: ”L’adhd e il modo in cui viene diagnosticata assomiglia ad altre ‘sindromi’ apparse e scomparse, legate al periodo storico. E’ successo quando venivano reputate tali l’omosessualità o l’isteria”. Durante la preparazione del film, Stella Savino aveva parlato anche con il padre della moderna neuropsichiatria infantile, Giovanni Bollea, scomparso nel 2011: ”Mi aveva detto che il 90% dei casi, li aveva curati mandando i bambini in bici con il papà”. Questo il link per vedere le sale in cui è programmato il film: http://www.microcinema.eu/news-press/adhd


Un film da non perdere!
ADHD – Rush Hour (2014)

ADHD – Rush Hour (2014
Diagnosticata a milioni di bambini nel mondo, l’ADHD o deficit dell’attenzione e iperattività è una anormalità neuro-chimica geneticamente determinata su cui il mondo scientifico si divide da decenni. Al punto che l’ONU ha lanciato l’allarme, invitando a valutare la sovrastima del disturbo e l’eccessiva somministrazione di farmaci impiegati per contrastarlo. Dipendentemente dal Paese in cui ci si trova, infatti, la cura all’ADHD comporta il diverso impiego di metilfenidato, un’anfetamina classificata dalla DEA nello stesso gruppo dei narcotici, insieme all’eroina, alla morfina e alla cocaina…


8 Aprile 201

ADHD ed emozioni. Come aiutare i bambini a regolarle?

di Marco Stefanelli

La capacità di autoregolarsi dei bambini con ADHD è notoriamente poco sviluppata e non interessa solo l’attenzione e i comportamenti ma anche le proprie emozioni. 

Se sei un genitore pensa alle crisi di collera che tuo figlio può avere di fronte alla frustrazione di un rifiuto da parte tua o di un compagno di scuola. La rabbia che prova in queste situazioni ha di solito un’intensità molto elevata e di conseguenza tende a comportarsi in modo distruttivo e poco funzionale.
Le emozioni ed il comportamento sono difatti due dimensioni strettamente collegate che si influenzano reciprocamente. Ad esempio, se provo paura metterò in atto dei comportamenti che mi permettono di difendermi dalla minaccia che percepisco in una certa situazione (attacco, scappo o “mi paralizzo” dalla paura). Oppure, in seguito ad un giudizio negativo dell’insegnante, l’alunno prova vergogna o tristezza per aver deluso i suoi genitori ed aver fallito.

TUTTI NOI PROVIAMO EMOZIONI!

Sono le nostre reazioni soggettive agli eventi che viviamo e si esprimono a livellocognitivo (i pensieri, le immagini che abbiamo in mente in quella situazione), a livellocomportamentale e a livello fisiologico. Ad esempio, se sono arrabbiato avrò dei pensieri relativi all’ingiustizia subita (“non doveva succedere a me”, “non doveva comportarsi in quel modo”,etc), cercherò con le azioni di affermare il mio potere e far valere le mie ragioni e proverò una serie di cambiamenti fisiologici che mi preparano all’azione (calore, tachicardia, tensione muscolare,etc).
Le emozioni sono dunque degli elementi preziosi per la nostra vita quotidiana, in quanto ognuna ci trasmette delle informazioni precise sul significato che stiamo attribuendo ad una certa situazione e quindi contribuisce a dare senso alla nostra esistenza.

PROVARE EMOZIONI NEGATIVE (es: rabbia, tristezza, paura,vergogna) NON È SBAGLIATO!

Può essere sgradevole ma non è una questione da risolvere. Lo diventa se non riusciamo a gestire le emozioni, ovvero a ridurre la loro intensità, durata e frequenza. Voglio dirti che non è un problema se tuo figlio o il tuo alunno si arrabbia, ma lo diventa se la sua collera è troppo forte e dura troppo a lungo. Una rabbia eccessiva potrebbe farlo diventerare molto aggressivo e/o violento nei tuoi confronti o con gli amici.

Per gestire in modo efficace le emozioni dobbiamo essere in grado di autoregolarle e questa capacità è compromessa nei bambini con ADHD.

COSA SIGNIFICA AUTOREGOLARE LE EMOZIONI?

Saper autoregolare le proprie emozioni significa possedere una serie di abilità:

– essere consapevoli dell’emozione che si prova ovvero riconoscerla, andare oltre il generico “sto male” “sono nervoso” e cercare di dare un nome a ciò che sentiamo – “provo paura” “mi sento triste, arrabbiato,etc”;

– comprendere il significato dell’emozione attraverso delle domande su ciò che si ha in testa in quel momento – ad es. se provo paura dovrò chiedermi “qual è la minaccia che credo sia presente in questa situazione? Essere rimproverato dall’insegnante/genitore, non essere in grado di svolgere i compiti?” ;

-accettare di provare tutte le emozioni anche quelle più sgradevoli, soprattutto se siamo impegnati in azioni finalizzate ad uno scopo. Per esempio se sei genitore di un bambino con ADHD avrai notato che tuo figlio mentre fa i compiti a casa tende a distrarsi, non sta fermo e vorrebbe alzarsi per fare altre cose più piacevoli (videogiochi, uscire,etc). In quel momento aiutarlo a gestire le emozioni negative (es: rabbia per non riuscire a svolgere un esercizio, paura di sbagliare,etc) lo aiuta ad automotivarsi e proseguire nell’esecuzione dei compiti.

– utilizzare delle strategie adeguate al contesto in cui ci si trova e che permettono di ridurre l’intensità e/o la durata dell’emozione invece di cercare di sopprimerla. Conoscere i pensieri irrazionali che abbiamo in quel momento e “ristrutturarli” può essere efficace a farci sentire meglio e quindi a non agire “in balìa” dell’emozione.

QUALI SONO LE DIFFICOLTà DEI BAMBINI CON ADHD?

A casa, a scuola, quando fanno sport, i bambini con ADHD presentano una serie di difficoltà ad autoregolare le emozioni:

– sono emotivamente più reattivi degli altri quando provano emozioni sgradevoli (es: si arrabbiano più facilmente/rapidamente delgi altri);

– sono meno capaci di regolare ed inibire le emozioni durante lo svolgimento di azioni finalizzate. Ad esempio se sei un insegnante avrai notato la difficoltà di un alunno con ADHD a seguire attentamente la lezione in classe, la difficoltà ad aspettare il proprio turno di parola, la facilità con cui si arrende di fronte agli ostacoli e cerca altre attività più gratificanti;

– sono più dipendenti dagli stimoli esterni nella regolazione dei propri stati d’animo (sappiamo già quanto è importante il rinforzo positivo dei comportamenti adeguati!)
– sono meno empatici o abili a comprendere gli altri, a capire che agiscono sulla base di pensieri ed emozioni diverse dalle proprie. Ad esempio, quando giocano con gli altri bambini fanno fatica a mettersi nei panni degli altri e tendono ad imporre le loro scelte o agiscono in modo impulsivo, senza pensare.

COSA POSSIAMO FARE ?

Per aiutare i bambini a sviluppare le loro capacità di autoregolare le emozioni, sia che tu sia un genitore o un insegnante, puoi fare molto per aiutare tuo figlio o un tuo alunno con ADHD.

Puoi proporre una serie di attività da fare a casa o in classe, che lo aiuteranno a riconoscere meglio le sue emozioni e a gestirle in modo adeguato.

Il metodo che ti propongo è quello dell’educazione razionale- emotiva, una serie ditecniche e strumenti pratici che hanno lo scopo generale di regolare le emozioni attraverso la conoscenza e il cambiamento del nostro modo di pensare. A volte abbiamo tutti dei pensieri o delle idee troppo rigide ed assolute e ciò influenza il nostro modo di sentire, amplificando le emozioni.

Gli effetti di un intervento razionale-emotivo saranno quelli di ridurre l’impulsività dei bambini con ADHD, migliorare le loro relazioni con i compagni e con gli adulti e soprattutto aumentare la loro autostima. Molto spesso infatti, i loro comportamenti producono reazioni negative negli altri (rimproveri, rifiuti, giudizi negativi -es.”sei cattivo”, “non voglio più giocare con te” “sei sempre il solito guastafeste”etc) e a lungo andare l’idea che hanno di sè ne viene intaccata negativamente.

Cercare quindi di modificare le convinzioni disfunzionali con la tecnica dell’ABC e della ristrutturazione cognitiva è un modo utile per migliorare la loro autostima e farli sentire meglio. Un primo passo che puoi realizzare subito, verso questo obiettivo, può essere quello di insegnare al bambino a riconoscere le emozioni, ad esempio mostrandogli delle immagini o disegni, di bambini che mostrano gioia, rabbia, paura o tristezza e chiedendogli “Secondo te come si sente questo bambino?”. Nei prossimi articoli vedremo poi come procedere ulteriormente.

Intanto, ti lascio riflettere su una frase di un filosofo dell’antichità, che, prima degli psicologi cognitivo-comportamentali, aveva ben compreso il legame tra pensieri ed emozioni!

Non sono i fatti a turbare gli uomini, ma le opinioni intorno ai fatti” – Epitteto

Fonte – http://www.forepsy.it/index.php/blog/adhd-ed-emozioni-come-aiutare-i-bambini-a-regolarle.html


 Articolo curato dalla dott.ssa Paola Tomba, psicologa psicoterapeuta)

ADHD

La scuola è uno degli ambienti in cui le difficoltà del bambino sono più evidenti, di conseguenza l’atteggiamento adottato dagli insegnanti con il bambino ADHD è fondamentale per qualsiasi intervento terapeutico al fine di ridurre i sintomi. Occorre, infatti, tenere presente che non vi è un rimedio assoluto, ma si può raggiungere un adeguato benessere globale, in quanto si tratta di un disturbo pervasivo che coinvolge tutti gli ambiti di vita del bambino. Di conseguenza affinché la terapia sia efficace è necessaria la collaborazione di tutte le parti implicate (famiglia, scuola e servizi sanitari), in particolare è auspicabile il coinvolgimento: nella scuola primaria di tutti gli insegnanti impegnati nell’educazione del bambino, mentre alle medie inferiori ci si può limitare ai professori che hanno un maggior numero di ore con lo studente.

Vi sono una serie di accorgimenti rivolti in modo specifico agli insegnanti che permettono di mantenere l’attenzione e l’attività  del bambino ADHD entro limiti accettabili, quali:

1) Ridurre le cose che possono distrarre organizzando la classe:

  • Allontanare gli stimoli visivi che si trovano nello spazio d’azione fra l’insegnante e il bambino.
  • Far sedere il bambino vicino alla cattedra: non è indicato farlo sedere vicino alla finestra, al cestino, ad altri compagni rumorosi o ad altri oggetti molto interessanti.
  • Banchi singoli sono più indicati di banchi doppi. Disporre i banchi in modo che l’insegnante possa passare frequentemente in mezzo ad essi, per controllare che il bambino abbia capito il compito, stia seguendo la lezione e stia eseguendo il lavoro assegnato.

2) Rafforzare la capacità attentiva:

  • Quando vengono spiegate le lezioni o vengono date delle istruzioni per eseguire dei compiti è importante che l’insegnante si accerti del livello di attenzione del bambino. Il contatto oculare è la tecnica più efficace per controllarne l’attenzione.
  • Le consegne devono contenere delle istruzioni semplici, chiare e brevi per l’esecuzione del lavoro. Dare un solo comando alla volta dopo aver distribuito il materiale, subito prima dell’esecuzione. E’ fondamentale assicurarsi che il bambino abbia compreso bene le istruzioni di un compito, facendogliele ripetere oppure ponendogli delle domande del tipo: “cosa devi fare?”.
  • Ripetere le informazioni più importanti e sottolineare con il tono della voce i punti fondamentali.
  • Una volta dato un testo di un problema o un testo che contenga delle istruzioni è opportuno aiutare il bambino disattento ad individuare (sottolineandole con diversi colori) le parti importanti o difficili del testo.
  • Rendere le lezioni stimolanti e ricche di novità, con un ritmo e tono della voce vari quando si spiega.

3) Fornire un aiuto per organizzare il lavoro:

  • Stabilire delle attività programmate (con cadenze regolari) e routinarie in modo che il bambino impari a prevedere come si svolgerà la giornata scolastica (cosa, come, quando…).
  • Stabilire delle regolechiare e condivise, conosciute da tutti. Le regole devono:

–         Essere proposizioni positive e non divieti.

–         Essere semplici ed espresse chiaramente.

–         Descrivere azioni in modo operativo.

–         Essere poche (8-10).

  • Definire con chiarezza i tempi necessari per svolgere ogni attività, rispettando i tempi dello studente, per abituarlo a lavorare con tempi stabiliti e a valutare meglio la pianificazione e l’organizzazione del lavoro.
  • Rendere i compiti più interessanti, cambiando i comportamenti e le modalità, con l’obiettivo di mantenere vivo l’interesse del bambino e accrescere la sua attenzione.
  • Cercare le novità, specialmente alla fine di un lungo compito.
  • Accorciare i tempi di lavoro: fare brevi e frequenti pause soprattutto durante i compiti ripetitivi e noiosi.

–         Dividere il compito in parti più piccole che possano essere completate in diversi momenti.

–         Dare due compiti, facendo svolgere prima quello che piace meno al bambino, e poi il suo preferito.

  • Aiutare il bambino ad applicare (o inventare) delle strategie per tenere in ordine il proprio materiale (coinvolgendo il bambino nella soluzione delle sue difficoltà).

–         Istruire il bambino a continuare una parte più facile del suo compito (o a farne uno sostitutivo) nell’attesa dell’aiuto dell’insegnante.

–         Abituare il bambino a sottolineare o a riscrivere le domande prima di cominciare, oppure a colorarne, con un evidenziatore, le parti più rilevanti.

–         Incoraggiarlo a prendere appunti (anche solo poche parole, quelle che lui reputa più importanti).

  • Utilizzare il diario per la comunicazione giornaliera con la famiglia: non per scrivere note negative sul comportamento bensì positive (ciò che ha fatto di buono, i suoi successi).
  • Stabilire le consuetudini per quanto riguarda l’uso dei materiali della classe e per il vestiario.

–         Aiutare il bambino ad organizzare, con l’uso di raccoglitori, i compiti già fatti e quelli da svolgere; lo stesso vale per gli appunti presi in classe per mantenerli in ordine cronologico.

–         Chiedere ai genitori di stabilire in casa consuetudini giornaliere su come riporre i libri ed usare il materiale scolastico.

–         Aiutare il bambino a tenere in ordine il banco organizzandogli lo spazio.

–         Insegnare al bambino l’abitudine di porsi delle domande prima di iniziare qualcosa o di lasciare un luogo (es. “Ho tutto quello che mi serve?”).

–         Scrivere dei promemoria da mettergli sul banco, sui libri, sul diario.

4) Ricordarsi sempre di:

  • Non creare situazioni di competizione durante lo svolgimento dei compiti con altri compagni.
  • Non focalizzarsi sul tempo di esecuzione dei compiti, ma sulla qualità del lavoro svolto (anche se questo può risultare inferiore a quello dei compagni) e l’impegno del bambino.
  • Si raccomanda di non punire il bambino togliendo l’intervallo, perchè il bambino necessita di scaricare la tensione e di socializzare con i compagni.
  • E’ utile informare frequentemente il bambino su come sta lavorando e come si sta comportando soprattutto rispetto agli obiettivi da raggiungere.
  • Assumere un atteggiamento ed una prospettiva positiva: utilizzare i punti forti ed eludere il più possibile i lati deboli del bambino, ad esempio se dimostra difficoltà nello scrivere (brutta calligrafia), ma ha buone abilità linguistiche può essere utile favorire l’espressione orale e, quando possibile, sostituirla a quella scritta. Bisogna enfatizzare i lati positivi del comportamento (la creatività, l’affettuosità, l’estroversione, evidenziare le parti del lavoro particolarmente ben fatte).

5) I compiti a casa:

  • Suddividere il lavoro a casa in piccole porzioni facilmente controllabili. Invece di dire: “Per lunedì leggete tutto il capitolo”, procedere concretamente dicendo: “Leggetene cinque pagine ogni giorno”.
  • Controllare che i compiti siano stati scritti sul diario prima che vada a casa: il bambino ADHD ha bisogno di molto tempo per scrivere.
  • Controllare ogni giorno i compiti a casa e prendere dei provvedimenti immediati quando non li ha svolti, concordandoli in precedenza coi genitori.
  • Nel caso di compiti a casa ben svolti: per i bambini più piccoli si sono rivelati utili adesivi o timbri (per esempio una faccina sorridente); per i bambini più grandi sortiscono un buon effetto dei “buoni” (per esempio un “buono” per una giornata senza compiti) – in collegamento con un cartellino rosso quando non sono stati svolti i compiti che comporta un’ora di “lavoro socialmente utile”.

6) Gestione del comportamento:

 Definire delle regole, stabilite con il contributo dei bambini e condivise (es. non picchiare, alzare la mano prima di intervenire, evitare di raccontare fuori quanto accade agli altri componenti), è preferibile siano scritte su un cartellone e riprese ogni qual volta ne viene violata una. Le regole devono essere:

–   proposizioni positive e non divieti,

–   semplici ed espresse chiaramente,

–   poche (8-10),

–   descrivere azioni in modo operativo,

–   scritte su di un cartellone, in modo che siano sempre ben visibili a tutti.

  • Utilizzare il sistema a punti e gettoni (token economy), con cui si valuta tramite l’uso di punti e gettoni che si guadagnano in presenza di comportamenti specifici, informando il bambino quando ottiene i punti;
  • Assieme alla tecnica del costo della risposta, per cui i bambini perdono punti o per non avere emesso alcuni dei comportamenti menzionati, o in presenza di comportamenti impulsivi-distruttivi. Alla fine di ciascuna sessione, sulla base dei punti ottenuti si daranno i premi o privilegi o attività a scelta.
  • Di fronte a comportamenti molto disfunzionaliè preferibile prevenire individuando quelle situazioni o cose che fanno esplodere i bambini ADHD, in modo da evitarle. Però, quando l’agitazione del bambino sta salendo si può cercare di distrarlo.
  • Se non si riesce a prevenire allora si può: con i bambini più piccoli si possono mettere in time-out; mentre con i più grandi mantenere la massima calma e dare brevi e chiare indicazioni.

BIBLIOGRAFIA:

Balboni P.E. (1999), “Dizionario di glottodidattica”, ed. Guerra-Soleil;

Cornoldi C., De Meo T., Offredi F. e Vio C. (2001), “Iperattività e autoregolazione cognitiva”, ed. Erickson;

Landini B.M. e Tordelli M.C. (2005), “Classi difficili: unità di apprendimento cooperativo e disagio educativo”, ed. Carrocci Faber;

Di Pietro M., Bassi E. e Filoramo G. (2001), “L’alunno iperattivo in classe”, ed. Erickson;

Polito M. (2003), “Comunicazione positiva e apprendimento cooperativo: strategie per intrecciare benessere in classe e successo formativo”, ed. Erickson.

 

 

 

 

 

Dott.ssa Paola Tomba


Giuseppe Torchia, docente di scuola secondaria di I grado e Funzione Strumentale per i Bisogni Educativi Speciali presso il proprio istituto, ha realizzato questa utilissima presentazione dedicata agli Strumenti Compensativi informatici.
Le Nuove Tecnologie possono oggi supportare gli studenti con BES “aiutandoli a svolgere la parte auttomatica delle consegne, permettendo loro di liberare risorse attentive su compiti cognitivi più complessi“. Approfondimenti sul libro parlato, sugli strumenti per la sintesi vocale e sull’ambiente di studio PDF-XChange.
Strumenti compensativi informatici

Giuseppe A. Chiarenza, Elena Bianchi, Gian Marco Marzocchi

Indice
1. Caratteristiche principali dell’ADHD
1.1 Attenzione
1.2 Impulsività
1.3 Iperattività
2. Disturbi associati
3. L’approccio multimodale
4. Interventi terapeutici cognitivo-comportamentali
4.1 Interventi diretti con i bambini
4.2 Educazione genitoriale (Parent Education)
4.3 Il parent training
4.4 Aspetti educativi e coinvolgimento degli insegnanti
5. Riassunto
6. Bibliografia


Le Linee Guida per la tutela della Legge 170/2010, le Raccomandazioni per la pratica clinica (PARCC, 2011) e la recente direttiva sui Bisogni Educativi Speciali (BES, 2012) costituiscono i documenti di riferimento su valutazione preventiva, terminologia e definizioni, diagnosi e successivo intervento nell’ ambito delle difficoltà nella letto-scrittura.

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 Il tema della progettazione del percorso per bambini e ragazzi con DSA, considerando la recente normativa (Legge 170/2010 e Linee Guida sui DSA, 2011) e i documenti condivisi anche in ambito clinico (Consensus Conference, 2007; PARCC,2011), tratta di argomenti complessi e quindi impossibili da trattare qui, anche se fondamentali per la creazione di un quadro comune e condiviso fra genitori, insegnanti, educatori e operatori sanitari.

La progettazione deve partire, per quanto riguarda il mondo della scuola, già dalle prime fasi di scolarizzazione: in ogni classe della scuola primaria è statisticamente probabile ci sia un bambino che manifesterà un DSA e pertanto è necessario monitorare l’evoluzione delle abilità di letto-scrittura e calcolo e pianificare attività che servano per facilitare tali apprendimenti.

 Normativa di riferimento sui DSA

 Testo della Legge 170/2010

 Normativa di riferimento sui BES

 Direttiva ministeriale 27 dicembre 2012

Strumenti d’intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali
e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica

Circolare ministeriale 6 marzo 2013
Indicazioni Operative inerenti la Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012.

* Fonte – http://www.potenziamentolettura.it/?page_id=54


Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato in gennaio 2013 la Direttiva del 27/12/2012 relativa ai Bisogni educativi Speciali (BES) e la conseguente C.M. 8 del 6 marzo 2013.Si tratta di un documento di notevole importanza perchè accoglie degli orientamenti da tempo presenti nei paesi dell’Unione Europea e che completano il quadro italiano dell’inclusione scolastica.

Infatti il nostro sistema è stato il primo in Europa ad introdurre l’inclusione scolastica generalizzata degli alunni con disabilità e ha di recente riordinato i principi della stessa con le linee guida emanate il 04/08/2009.

A seguito poi della L. n° 170/10 ha emanato le linee guida dell’12/07/2011 relative all’inclusione scolastica degli alunni con DSA (Disturbi Specifici d’Apprendimento: dislessia, disgrafia, dicalculia e disortografia).

Con quest’ultima Direttiva il Ministero fornisce indicazioni organizzative sull’inclusione anche degli alunni che non siano certificabili nè con disabilità, nè con DSA, ma che hanno difficoltà di apprendimento dovute a svantaggio personale, familiare e socio-ambientale.

Con il termine BES si intendono:

1. alunni con disabilità

2. alunni con DSA

3. alunni con svantaggio socio-economico, linguistico, culturale.

A tutte queste tipologie la Direttiva estende i benefici della L. n° 170/10, cioè le misure compensative e dispensative.

Il paragrafo 1.3 della Direttiva è dedicato agli alunni con deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività (ADHD) il cui numero viene stimato intorno agli 80.000. Per questi alunni se vi è anche la certificazione di disabilità scatta il diritto al sostegno, se invece manca tale certificazione essi hanno comunque diritto ad avere le garanzie della L. n° 170/10.

Il paragrafo 1.4 parla degli alunni con funzionamento cognitivo limite (borderline) stimati intorno ai 200.000.

Il paragrafo 1.5 fornisce degli orientamenti didattici a favore degli alunni con BES. Dal momento che già la normativa precedente ha fornito indicazioni per gli alunni con disabilità e quelli con DSA, il paragrafo così recita anche per gli altri casi di BES:

“Le scuole – con determinazioni assunte dai Consigli di classe, risultanti dall’esame della documentazione clinica presentata dalle famiglie e sulla base di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico – possono avvalersi per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali degli strumenti compensativi e delle misure dispensative previste dalle disposizioni attuative della Legge 170/2010 (DM 5669/2011), meglio descritte nelle allegate Linee guida.”

E’ da osservare però che, mentre per gli alunni con disabilità e con DSA la normativa ha stabilito che le certificazioni cliniche debbono pervenire esclusivamente dalle ASL o da centri convenzionati o accreditati con esse, qui la Direttiva nulla dice per gli altri casi di BESrelativi allo svantaggio. E’ questo un punto assai importante che il Ministero dovrà chiarire in quanto è resa obbligatoria anche per essi la formulazione di un Piano Didattico Personalizzato in forza della L. n° 53/03.

Inoltre, dovendosi applicare anche a questi casi le misure compensative e dispensative della L. n° 170/10, i Consigli di Classe dovranno avere la documentazione clinica certa e dovranno formulare “considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico” non discutibili al fine di evitare contenziosi con altri alunni ai quali tali benefici non vengano concessi.

Il paragrafo 1.6 riguarda l’impegno del MIUR ad organizzare corsi di formazione per dirigenti e docenti curricolari sulla didattica inclusiva a favore anche dei casi non certificabili come disabilità o DSA.

Il Paragrafo 2 è totalmente dedicato all’organizzazione territoriale per l’ottimale realizzazione dell’inclusione scolastica.

Il paragrafo 2.1 si concentra sui Centri Territoriali di Supporto (CTS) istituiti presso scuole polo che la direttiva propone siano presenti uno per provincia, collegati con altri CTS a livello di ambito di distretto socio-sanitario di base, a loro volta collegati con le singole scuole. La Direttiva tiene però presente che questi strumenti organizzativi, riguardanti tutti i BES, non possono ignorare l’esistenza dei GLIR (Gruppi di lavoro per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità regionali) introdotti con le linee guida del 04/08/2009, i GLIP (gruppi a livello provinciale) e i GLH d’Istituto introdotti dall’art. 15 della L. n° 104/92.

Infatti così la direttiva recita:

“Sarà cura degli Uffici Scolastici Regionali operare il raccordo tra i CTS e i GLIR, oltre che raccordare i GLIP con i nuovi organismi previsti nella presente Direttiva.”

Questi raccordi saranno determinanti per dare coerenza a tutto il sistema organizzativo. Infatti mentre attualmente i CTS non sono sostenuti da finanziamenti certi, i GLIP (e quindi anche i GLIR) lo sono.

Ci si chiede se il MIUR intenderà riassorbire nei GLIR, nei GLIP e nei GLHI anche i compiti che la direttiva prevede per i CTS, oppure lasciare queste due linee organizzative parallele, come attualmente fa la stessa direttiva.

Il paragrafo 2.1.2 prevede che presso i CTS provinciali operi un’equipe di docenti curricolari e di sostegno “specializzati” sui BES tramite master universitari organizzati sulla base di un’intesa con il MIUR già esistente.

E’ strano che si usi il termine “specializzati” per quanti conseguano il titolo del master universitario; infatti la “specializzazione” è un termine tecnico ben preciso che vale solo per i docenti per il sostegno e per le scuole di specializzazione post lauream. Nella direttiva esso sembra usato in modo atecnico ed è necessario che il MIUR chiarisca questo punto.

Il paragrafo 2.2 riguarda le funzioni dei CTS che sono le seguenti:

2.2.1 Informazione e formazione

2.2.2 Consulenza

2.2.3 Gestione degli ausili e comodato d’uso

2.2.4 Buone pratiche e attività di ricerca e sperimentazione

2.2.5 Piano annuale d’intervento

2.2.6 Risorse economiche

2.2.7 Promozione di intese territoriali per l’inclusione

Il paragrafo 2.3 dice che ogni CTS provinciale deve darsi un suo regolamento interno.

Il paragrafo 2.4 riguarda l’organizzazione dei CTS che fa perno sul Dirigente Scolastico della scuola polo presso cui sono istituiti.

Si prevede la presenza di almeno tre docenti “specializzati sui BES” che, secondo la normativa dei comandi, dovrebbero garantire per almeno un triennio la loro presenza di consulenza alle scuole della provincia anche tramite i CTS di ambito distrettuale e i Gruppi di lavoro per l’inclusione delle singole scuole che si affiancano ai GLHI per i disabili.

Presso il CTS è istituito un Comitato Tecnico Scientifico con il compito di formulare il piano annuale degli interventi, composto da: “il Dirigente Scolastico, un rappresentante degli operatori del CTS, un rappresentante designato dall’U.S.R., e, ove possibile, un rappresentante dei Servizi Sanitari.”

Si prevede inoltre la nomina di un referente regionale dei CTS e la nomina di un Coordinamento nazionale istituito presso la Direzione generale per lo studente del MIUR composto da:

“- Un rappresentante del MIUR

– I referenti per la Disabilità/DSA degli Uffici Scolastici Regionali

– I referenti regionali CTS

– Un rappresentante del Ministero della Salute

– Un rappresentante del Ministero delle politiche sociali e del lavoro

– Eventuali rappresentanti della FISH e della FAND

– Docenti universitari o esperti nelle tecnologie per l’integrazione.

Il Coordinamento nazionale si rinnova ogni due anni.

Il Comitato tecnico è costituito dal rappresentante del MIUR, che lo presiede, e da una rappresentanza di 4 referenti CTS e 4 referenti per la disabilità/DSA degli Uffici Scolastici Regionali.”

Fonte: http://www.aipd.it