Archivio per la categoria ‘Disabilità’


 

 

20 Million Kids & Adolescents are labeled with mental disorders that are based solely on a checklist of behaviors. There are no brain scans, x-rays, genetic or blood tests that can prove they are mentally ill, yet these children are stigmatized for life with psychiatric disorders, and prescribed dangerous,life-threatening psychiatric drugs. Child drugging is a $4.8 billion-a-year industry. Get the facts about this multi-billion dollar industry that is labeling and drugging kids for profit.


Il dossier dell’alunno con disabilità: i documenti che ne fanno parte.

1. Relazione iniziale del docente di sostegno: viene presentata dal docente specializzato al primo consiglio di classe e presenta l’alunno H.

2. Programmazione per l’alunno (per obiettivi minimi o differenziata): viene redatta dal consiglio di classe e va fatta con riferimento al P.E.I. e alla programmazione della classe (la programmazione per obiettivi minimi non si deve discostare molto dalla programmazione della classe); la famiglia deve autorizzare la programmazione differenziata, altrimenti si va per obiettivi minimi. Nel caso di programmazione differenziata va scritto in calce alla pagella “la presente votazione è riferita al P.E.I. e non ai programmi ministeriali ed è adottata ai sensi dell’O.M. 80 del 09 Marzo 1995”.

3. Diagnosi funzionale: va fatta una sola volta nella vita dell’alunno dai neuropsichiatri.

4. Certificazione amministrativa:

a. viene rilasciata ogni anno dalla commissione medica dopo accertamento l neuropsichiatra

b. riporta in via sintetica la diagnosi;

c. va richiesto alla famiglia entro novembre;

d. la certificazione deve riportare la connotazione di gravità ai sensi dell’Art. 3, comma 3, della legge 104/92.

5. Profilo dinamico funzionale (P.D.F.): viene redatto dal G.L.I.S. (Gruppo Misto: composto dall’equipe medica, dalla famiglia, dal docente di sostegno, da un docente curricolare (solitamente il coordinatore) e dal DS) entro febbraio e riporta ciò che sa fare l’alunno nel sociale. In genere viene redatto alla scuola materna, in II elementare, IV elementare, in II media, in II superiore, in IV superiore e tutte le volte in cui si presentino degli elementi rilevanti per modificarlo.

6. Progetto educativo individualizzato (P.E.I. o P.E.P.): viene redatto ogni anno entro giugno dal G.L.I.S. e riguarda la programmazione per l’alunno relativa all’anno scolastico successivo; materialmente viene redatto dal docente di sostegno.

7. Progetto educativo-didattico (P.E.D.): sono due di cui il primo serve a chiedere lo sdoppiamento delle classi ai sensi del D.M. 141/99, il secondo serve per ottenere una deroga di 18 ore su un alunno in base alla connotazione di gravità, ai sensi della L. 333/01. Vengono redatti dal consiglio di classe.

Consiglio di classe 

Programmazione per l’alunno

P.E.D.

Medici 

Diagnosi funzionale

Certificazione amministrativa (entro novembre)

G.L.I.S. 

P.D.F. (entro febbraio)

P.E.I. (entro giugno)

* Fonte – http://dida.orizzontescuola.it/news/il-dossier-dellalunno-con-disabilit%C3%A0-i-documenti-che-ne-fanno-parte


ll progetto FacilitOffice, si propone di rendere maggiormente accessibili agli studenti con disabilità cognitive, sensoriali, neuromotorie e difficoltà di apprendimento, i programmi per videoscrittura e presentazione più diffusi – Microsoft Office e OpenOffice – per migliorare l’autonomia nel lavoro scolastico e rendere anche più efficace l’azione di insegnamento dei loro docenti.

Il progetto è stato promosso e finanziato da:Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione Generale dello Studente Progetto “Nuove Tecnologie e disabilità” – Azione 6.

Le istituzioni coinvolte nella realizzazione sono state:
-Istituto Comprensivo Statale di Bosisio Parini
-Centro Ausili dell’IRCCS “E. Medea” – Ass. La Nostra Famiglia – Bosisio Parini
-Centro Ausili Tecnologici AIAS – Bologna
-Centro METID – Politecnico di Milano

A questo scopo il progetto ha sviluppato una serie di funzioni aggiuntive per alcuni programmi del pacchetto MIcrosoft Office e OpenOffice. Nel primo caso le facilitazioni possono essere installate in Microsoft Word e nel software di presentazione Power Point (è possibile scegliere se entrambi o uno soltanto dei due).

Nel secondo caso le facilitazioni possono essere installate in Writer e nel software di presentazione Impress (è possibile scegliere se entrambi o uno soltanto dei due). Tra le facilitazioni che vengono installate vi sono:

  • la possibilità di gestire una sintesi vocale all’interno dei programmi indicati sopra
  • diverse forme di evidenziazione del testo, sincronizzate con la sintesi vocale
  • un sistema di semplificazione del salvataggio e riapertura dei documenti basata sull’uso di “quaderni”
  • la possibilità di inserire immagini automaticamente durante la digitazione, accanto o in sostituzione del testo
  • la disponibilità di uno strumento per costruire schede di vocabolario con testo, immagine e sintesi vocale
  • l’impostazione e visualizzazione semplificata e rapida di scorciatoie da tastiera
  • la disponibilità di vari modelli di “pagine” per i documenti utilizzati nei vari quaderni: varie rigature, quadrettature, funzioni di incolonnamento.

Tutte le funzioni sono inserite in un unico software che provvede ad installarle automaticamente nei programmi.
Le versioni disponibili sono due: una per OpenOffice (versione 3, scaricabile gratuitamente da internet), l’altra per Office (versioni 2003, 2007, 2010).

Nel file di installazione sono comprese le istruzioni e il manuale completo.

Entrambe le versioni devono essere istallate su computer dotati del sistema operativo Windows (XP, Vista, Windows 7). A scopo sperimentale è stata realizzata anche una versione limitata per OpenOffice su sistema operativo Linux.

E’ possibile installare su un computer entrambe le versioni di FacilitOffice (per OpenOffice e per Microsoft Office).

E’ possibile installare FacilitOffice anche da chiavetta USB.

I pacchetti di installazione FacilitOffice NON installano sintesi vocali sui computer, ma permettono di comandare le sintesi vocali che sono già presenti o che vengono installate a parte.


Zanichelli – EDUCAZIONE SPECIALE ha realizzato un progetto che prevede l’ideazione e la diffusione di materiali per l’educazione degli allievi con disabilità intellettiva presenti nelle scuole. Gli autori, i collaboratori e i revisori dei materiali via via costruiti, appartengono al mondo della scuola e al mondo della neuropsichiatria infantile.
 In questo momento sono due ebooks, liberamente scaricabili.
  • Il primo, EDUCAZIONE speciale 1: percezione sensoriale, attenzione e memoria, scritto da Arpinati e Tasso, è dedicato al consolidamento e sviluppo delle capacità percettive: vista, udito, tatto,  olfatto e gusto e presenta attività per l’attenzione e la memoria.
  • Il secondo, EDUCAZIONE speciale 2: comunicazione e linguaggio, scritto da Arpinati, Possar e Tasso, descrive come comunicare con le immagini (un primo approccio alla Comunicazione Aumentativa Alternativa – CAA) e comunicare con il linguaggio (un primo approccio al parlare, leggere, scrivere).
              

Il Bisogno Educativo Speciale è qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo e/o apprenditivo, che consiste in un funzionamento problematico anche per il soggetto, in termini di danno, ostacolo o stigma sociale, indipendentemente dall’eziologia, e che necessita di educazione speciale individualizzata. (Ianes e Macchia, 2008).

Accedi alla risorsa cliccando sull’immagine.

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Riportiamo lo stralcio dell’incontro  presso la Direzione Generale per lo Studente del MIUR con il Dirigente Responsabile per l’Integrazione Raffaele Ciambrone con il presidenti e i referenti dell’associazione “Genitori Tosti“.

“(…) Lo strumento del Gruppo di Lavoro per l’Handicap di Istituto (sia Operativo che di Istituto, art. 15, L.104/92), manterrà intatte le sue prerogative e compiti, mentre il GLI, Gruppo di Lavoro per l’Inclusività, introdotto dalla nuova Direttiva ministeriale, non sostituirà il GLHI ma coesisterà con esso, rispettandone le funzioni e le prerogative già previste dalla legge.

Tale fondamentale questione, ci è stato anticipato, sarà a breve oggetto di una ulteriore circolare/nota di chiarimento del MIUR, che seguirà quella già pubblicata il 27 giugno (Nota 1551) sull’altro caposaldo della Direttiva e cioè il Piano Annuale per l’Inclusività (PAI), il cui invio agli Uffici Scolastici Regionali da parte delle scuole era stato previsto in un primo momento già a partire da giugno scorso (a pochissimi mesi dalla pubblicazione della circolare dell’8 marzo attuativa della Direttiva sui BES) e che era stato interpretato da molti come uno strumento “sostitutivo” della annuale richiesta di organico di sostegno determinante per  la quantificazione del monte  ore di sostegno assegnate ad ogni scuola, costringendo il Ministero a smentire tale interpretazione.

Sui GLH, strumento centrale per l’attuazione della L.104, GENITORI TOSTI già negli anni scorsi aveva sollevato il problema, denunciando come in molte scuole non venissero nemmeno convocati a detrimento della programmazione didattica per l’integrazione di ogni studente con disabilità e in spregio ai dettami della normativa. Dal 2011 l’associazione ha lanciato ad ogni nuovo inizio di anno scolastico, la campagna nazionale “GLH IN TUTTE LE SCUOLE: SI PUO’ FARE!” per ottenere la regolare convocazione dei GLH in tutte le scuole di ogni ordine e grado così come previsto dalla legge.

Abbiamo riscontrato con soddisfazione l’attenzione, alla questione da noi sollevata, da parte del dott. Ciambrone che si è reso disponibile ad una puntuale rilevazione da parte del MIUR sulla convocazione dei GLH nelle scuole, attraverso l’inserimento di uno specifico indicatore sui modelli predisposti centralmente per la stesura e la trasmissione del Piano Annuale per l’Inclusività.

(segue)


I 7 punti fondamentali per una Didattica Inclusiva secondo Dario Ianes:

  • Equità nella lettura dei bisogni
  • Responsabilità pedagogico-didattica vs. delega biomedica
  • Corresponsabilizzazione degli insegnanti curricolari vs. delega al sostegno
  • Adattamento,flessibilità,personalizzazione
  • Coinvolgimento forte dell’istituzione scolastica
  • Rilevazione,monitoraggio e valutazione inclusività
  • Intelligenza territoriale CTS (Centri di Supporto Territoriale)

 


128 Giorgio De Chirico La malinconia di una bella giornata 1913 300x233 Pagelle scolastiche

* by  on 16 FEBBRAIO, 2013 ·

In questi giorni hanno dato le pagelle del primo quadrimestre a tutti gli scolari. Nella classe di prima media, dove lavoro, ho assistito alla procedura. Il preside è entrato, ha fatto un breve discorso e poi ha chiamato uno per volta, alfabeticamente. Mentre si avvicinava l’alunno, il preside commentava in due modi: una breve frase e soppesando la pagella. Questo gesto è stato psicologicamente più espressivo delle parole stesse.

Naturalmente per me è stato più interessante osservare i ragazzi con voti più bassi, cioè sotto il sei. Alcuni erano piuttosto rassegnati, quasi contenti di aver ricevuto conferme, altri mostravano un evidente scoramento. Una bambina ha ricevuto una pagella con pochissime sufficienze e ho avvertito come si sentisse sperduta.

Quando il preside è andato via, la professoressa ha fatto un giro tra i banchi, rincuorando, apprezzando, storcendo il naso. Poi, ha fatto un discorso sulla cultura. Innalzare i voti è importante, ma prima ancora viene il piacere di essere delle persone ricche di cultura, “prima ancora dei soldi”.

Nel frattempo, il mio alunno autistico giocherellava con la pagella personalizzata. Era interessato al suono dei due fogli mentre li schiacciava. E pensavo alla cultura, ai tanti anni che ho dedicato ai libri, alle scienze naturali e umane, a tutti gli scolari che mi hanno preceduto e a tutti questi ragazzi che seguono. Ho pensato al fatto che per sei ore al giorno sono rinchiusi dentro 4 mura e studiano, scrivono, spiegano, cercano di riprodurre questa cultura e so che fuori queste 4 mura non serve a molto, la cultura.

La cultura è fondamentale per il nostro bene cognitivo, per la nostra autocoscienza civile,  per i nostri genitori. Fin quando scopri, alla fine degli studi e fuori quelle 4 mura, che per lavorare serve saper fare qualcosa di molto diverso. La conoscenza che possiedi è più adatta al tuo cervello che alle esigenze di altri cervelli, di quelli che contano nel mondo del lavoro e distribuiscono stipendi. 

Ho pensato alla cultura come ad un fatto immateriale, ad un fenomeno psicologico che da un certo punto di vista ha il potere di un disturbo mentale. Serve a saper leggere, scrivere, far di conto, pensare, esercitandosi e prendendo voti. Però dura poco, qualche ora, la lezione di storia o di matematica il giorno dopo è quasi del tutto svanita. Argomenti bellissimi, sottolineati e ripetuti ad alta voce nella luce della lampada per tante sere invernali e infine sperduti chissà in quale parte del cervello.

I voti della pagella mi sono sembrati come i codici dei criteri diagnostici utilizzati dal DSM (il più diffuso manuale diagnostico dei disturbi mentali). Punteggi bassi in storia o italiano equivalevano a diagnosi promettenti, ad alte prospettive di lavoro e a compromessi funzionali con il proprio cervello. Verrà il giorno in cui impareranno a saper parlare nel modo più appropriato alla situazione, a saper costruire un rapporto di amore che durerà per tutta la vita, in cui accudiranno i genitori con dignità, lavoreranno con competenza e leggeranno le fiabe della loro infanzia al proprio figlio.


I RAGAZZI DISABILI EMARGINATI DAI COMPAGNI DI SCUOLA?

“COLPA DEI PRIVILEGI DELLA TECNOLOGIA”

“Colpa dei privilegi dati dalla tecnologia e del percorso didattico semplificato”. L’incontro del professor Canevaro con i tutor delle scuole superiori di Carpi ha fatto emergere una realtà inaspettata e sorprendente

BOLOGNA – La principale causa di isolamento ed emarginazione dei normodotati nei confronti dei ragazzi disabili a scuola non è – come si è sempre stati portati a pensare – l’handicap, che sia sensoriale, fisico o cognitivo. Probabilmente la frase da tutti ormai ripetuta come un impersonale copia/incolla che siamo tutti in qual-che modo disabili ha reso più accettabile agli occhi dei ragazzi questo “stigma” millenario. E questo pare che abbia portato, evidentemente, ad un altro problema da risolvere. Assolutamente inaspet-tato almeno per chi scrive: lo studente disabile è visto dai compagni come un privilegiato. E sapete per-ché? Perché dispone di tecnologie vietate agli altri. Se ha problemi visivi o acustici può usare (quando a tutti gli altri è impedito) computer, internet, ed altri ausili tecnologicamente avanzati. Se ha problemi di Dsa o lievi ritardi mentali, oltre alle tecnologie si aggiunge pure un minor carico ed una semplificazione dei compiti a casa e delle attività didattiche. E chi, adolescente, non riconoscerebbe questi come privilegi?

La fotografia delle dinamiche scolastiche che contribuiscono ad isolare, mobbizzare, emarginare gli studenti con disabilità è uscita dall’incontro che il professor Andrea Canevaro, pedagogista dell’Università di Bologna, ha avuto con gli oltre 30 ragazzi e ragazze tutor che seguono nelle quattro scuole superiori di Carpi (Liceo Fanti, Ipsia Vallauti, Itc Meucci, Itis Da Vinci) circa 60 studenti certificati.

Ed è raccontata da Nelson Bova, giornalista e presidente della onlus “Il tesoro nascosto”, associazione di genitore con figli disabili. L’associazione – spiega Bova – ha voluto incontrare i tutor, normalmente studenti universitari o giovani da poco maggiorenni che si propongono ai ragazzi disabili in età scolare in un rapporto amicale di accompagnamento negli studi e nelle relazioni sociali. Soprattutto ha voluto valorizzare il loro prezioso lavoro facendoli incontrare lo con colui che primo in Emilia Romagna ha introdotto, oltre 10 anni fa, la figura dei tutor in una università, facilitando così l’inserimento dei loro coetanei meno fortunati. Se i tutor esistono nelle scuole dei Comuni più “illuminati” è quindi grazie al professor Canevaro e ai fondi che alcune amministrazioni destinano loro attraverso il terzo settore. Fino a due anni fa i tutor a Carpi erano presenti solo in due scuole su quattro. Quest’anno, per la prima volta, tutte le scuole secondarie di secondo grado, liceo compreso, sono coinvolte.

Fonte 

(6 marzo 2013)


 “SERVE CAMBIARE APPROCCIO NEL SOSTEGNO AGLI STUDENTI DISABILI”

Parla Andrea Canevaro, Università di Bologna: “Tablet, portatili e ausili tecnologici possono indurre i compagni a considerare i disabili come privilegiati”. Il rischio è che vengano isolati, per questo serve “un sostegno di prossimità”

BOLOGNA – Le tecnologie? Non sempre hanno una funzione positiva. Anzi, a scuola possono portare all’isolamento dei disabili, visti come privilegiati per via della loro dotazione tecnologica. Si pensi ai tablet, ai pc portatili, e a tutti gli ausili informatici necessari a chi ha un handicap sensoriale, fisico o cognitivo. Un problema emerso durante l’incontro tra Andrea Canevaro, docente dell’Università di Bologna e tra i massimi esperti in Italia in fatto di pedagogia speciale, e 30 ragazzi e ragazze tutor che seguono 60 studenti certificati nelle scuole superiori di Carpi (Modena). “Effettivamente la problematica esiste – racconta Canevaro, esperto di integrazione e da decenni impegnato nel campo dell’inclusione scolastica – Le tecnologie possono indurre i compagni a considerare i disabili come privilegiati. Attenzione però: il problema non è lo strumento in sé, ma la necessità di cambiare approccio nel sostegno scolastico ai disabili”.

Professore, ci aiuti a capire: è tutto da rifare?
L’idea classica è che per integrare i ragazzi e le ragazze disabili sia necessario un insegnante specializzato e dedicato. Un approccio limitante, che porta al vittimismo e all’isolamento e che fa nascere l’idea per cui il disabile sia qualcuno da proteggere o da accudire, una persona facilitata nella vita scolastica attraverso l’uso di strumenti informatici che i compagni non possono avere. Una trappola da evitare ripensando il sostegno dato a queste persone, allargando la loro rete relazionale fino a includere compagni di classe, coetanei in genere, bidelli e personale docente. Una rete che a poco a poco diventerà anche di aiuto. Altrimenti, come giustamente raccontano i tutor, nasce l’isolamento e il conseguente problema dell’invidia, che poi non è altro che incomprensione. Invidia che ad esempio può fare riferimento alla differente dotazione informatica.

Come deve cambiare il sostegno?
Da diretto deve diventare indiretto, io parlerei di ‘sostegno di prossimità’. Non più una persona fissa che si occupa tutto il tempo del disabile, ma piuttosto che faccia da regia e coordinamento per gli interventi, e da garante per la qualità educativa. Per dirla in altre parole: il disabile non ha bisogno di una persona a lui dedicata, ma di una serie di punti di riferimento distribuiti un po’ ovunque, anche a scuola. Se i compagni di classe entrano in gioco, sono coinvolti e si sentono parte attiva nella rete di sostegno, allora si faranno le domande giuste, e si daranno anche delle risposte. Tutti assieme, e imparando a collaborare e convivere nelle diversità. Su questo non posso che citare Don Milani: “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. Lo stesso discorso vale per l’utilizzo da parte dei disabili di tecnologie di cui i compagni non possono disporre.

Come si arriva a questa consapevolezza?
Serve un lavoro di sensibilizzazione a partire dalle elementari per arrivare alle scuole superiori. Immaginiamo un ragazzo ipovedente con una tavoletta per la lettura braille. Avrà necessariamente tempi più lunghi nello studio rispetto a chi non ha particolari problemi di vista. La sfida del corpo docente sarà quella di fare comprendere come a condizioni differenti corrispondano modalità operative e tempi differenti. Si può fare, ma come dicevo prima lo si fa andando in direzione del sostegno di prossimità, allargando la rete e coinvolgendo tutti.

In questo senso i tutor possono avere un ruolo?
I tutor sono importanti, devono ricordarsi però che il loro ruolo non prevede l’appoggio incondizionato al ragazzo o alla ragazza disabile che seguono. Io dico sempre: “Appiccicarsi non serve a niente. La colla lasciatela a casa”. Tra il tutor e il disabile deve esserci amicizia certo, ma anche distanza, confronto di ragioni differenti e perché no, anche del conflitto. Litigare, dobbiamo ricordarcelo, significa riconoscere gli altri. (giovanni stinco)

(7 marzo 2013)