Archivio per la categoria ‘Disprassia’


 

 

20 Million Kids & Adolescents are labeled with mental disorders that are based solely on a checklist of behaviors. There are no brain scans, x-rays, genetic or blood tests that can prove they are mentally ill, yet these children are stigmatized for life with psychiatric disorders, and prescribed dangerous,life-threatening psychiatric drugs. Child drugging is a $4.8 billion-a-year industry. Get the facts about this multi-billion dollar industry that is labeling and drugging kids for profit.


Proponiamo una serie di risorse di rete per l’approfondimento di un tema difficile e misconosciuto.

Secondo il DSM IV la Disprassia viene generalmente inclusa nella definizione di DCD (Developmental Coordination Desorder), in italiano Disturbi della Coordinazione Motoria, ovvero Disturbo nel quale le prestazioni in compiti di coordinazione motoria, fini o grosso motori, sono significativamente al di sotto del livello atteso rispetto all’età e allo sviluppo intellettivo.

E’ infatti riconosciuta come un disturbo congenito o acquisito precocemente che, pur non alterando nella sua globalità lo sviluppo motorio, comporta difficoltà nella gestione dei movimenti comunemente utilizzati nelle attività quotidiane (ad es. vestirsi, svestirsi, allacciarsi le scarpe) e nel compiere gesti espressivi che servono a comunicare emozioni, stati d’animo; inoltre è deficitaria la capacità di compiere abilità manuali e abilità gestuali a contenuto prevalentemente simbolico. (fonte)

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Questo breve saggio si propone di indagare le disprassie evolutive alla luce dei disturbi specifici di apprendimento (DSA). Nel riferirsi ai DSA, l’attenzione non va posta solo sulle attività di tipo esecutivo e automatizzato, quali scrivere, leggere e far di conto, ma anche e soprattutto su quelle difficoltà non sempre evidenti nell’ambito scolastico, come lievi incertezze psicomotorie, linguistiche e spazio-temporali. Perché talora un bambino non costruisce le abilità prassiche o le usa in modo approssimativo o poco funzionale? Per comprenderlo occorre considerare il bambino nella sua globalità, nella sua capacità di capire e recepire gli stimoli provenienti dall’esterno. Il corpo va inteso nella sua espressione unitaria e globale, quindi anche lo studio delle disprassie si estrinseca attraverso la lettura dei segni verbali e di quelli non verbali, concepiti come indicatori del corpo strumentale, agito e vissuto.

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Fonte – http://www.ericksonlive.it/


Lo studio dell’evoluzione e dell’organizzazione degli schemi motori nel bambino, con tutte le loro  variabili che vanno dalla norma, alla variante della norma e alla patologia, vengono spesso non  sufficientemente approfondite, valutate e considerate nella loro espressività ludica e in rapporto ai  differenti tipi di organizzazione motoria che influenzano le modalità delle acquisizioni cognitive e la relazione con l’ambiente.

(continua)

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Cosa si intende per Disprassia

Secondo il DSM IV la Disprassia viene generalmente inclusa nella definizione di DCD (Developmental Coordination Desorder), in italiano Disturbi della Coordinazione Motoria, ovvero Disturbo nel quale le prestazioni in compiti di coordinazione motoria, fini o grosso motori, sono significativamente al di sotto del livello atteso rispetto all’età e allo sviluppo intellettivo.

E’ infatti riconosciuta come un disturbo congenito o acquisito precocemente che, pur non alterando nella sua globalità lo sviluppo motorio, comporta difficoltà nella gestione dei movimenti comunemente utilizzati nelle attività quotidiane (ad es. vestirsi, svestirsi, allacciarsi le scarpe) e nel compiere gesti espressivi che servono a comunicare emozioni, stati d’animo; inoltre è deficitaria la capacità di compiere abilità manuali e abilità gestuali a contenuto prevalentemente simbolico.

Secondo la nostra impostazione è necessario distinguere i due termini: Disturbo di movimento e Disprassia: infatti mentre il primo può essere incluso nella definizione di DCD, il secondo implica una difficoltà soprattutto rispetto alla capacità di pianificare, programmare ed eseguire una serie di movimenti deputati al raggiungimento di uno scopo o di un obiettivo, per:

    1. mancata acquisizione di attività intenzionali intese come abilità e competenze, o acquisizione di strategie povere e stereotipate
    1. ridotta capacità di rappresentarsi “l’oggetto” su cui agire l’intera azione o le sequenze che la compongono;
  1. difficoltà a coordinare e ordinare in serie i relativi movimenti elementari in vista di uno scopo (pianificazione e programmazione dell’atto motorio).

L’ICD-10 mette in evidenza il Disturbo Evolutivo Specifico della Funzione Motoria (SDDMF) identificandolo attraverso i seguenti criteri:

    1. Difficoltà di coordinazione, presente dalle prime fasi di sviluppo e non dipendente da deficit neurosensoriali e neuromotori; il deficit della coordinazione motoria non può essere spiegato da una condizione di ritardo mentale.
    1. Entità della compromissione variabile e modificabile in funzione dell’età.
    1. Ritardo di acquisizione, (non costante), delle tappe di sviluppo motorio, a volte accompagnato da ritardo dello sviluppo del linguaggio (componenti articolatorie).
    1. Goffaggine nei movimenti.
    1. Ritardo nell’organizzazione del gioco e del disegno con difficoltà in compiti visuo spaziali e deficit costruttivo
    1. Difficoltà in compiti visuo-spaziali.
    1. Presenza di segni neurologici sfumati, privi di sicuro significato localizzatorio.
  1. Presenza (non costante) di difficoltà scolastiche e di problemi socio-emotivo-comportamentali.

Quest’ultimo aspetto non va sottovalutato in ambito clinico; va tenuto conto infatti del carico di frustrazione che il bambino disprattico deve sopportare nel corso dello sviluppo e rispetto alle richieste dell’ambiente; spesso i bambini disprattici vengono considerati poco intelligenti, pigri, svogliati. Il rischio è quindi quello di innescare disturbi comportamentali e psicopatologici.



Laboratorio DiLCo – Dipartimento di Linguistica – Università degli studi di Firenze

IRRE – Toscana

I disturbi di apprendimento della lettura e della scrittura, con particolare riferimento alla dislessia 

LA DISLESSIA EVOLUTIVA

Il disturbo specifico di lettura, o dislessia evolutiva, si manifesta come una difficoltà, a vari livelli, nell’apprendimento e dunque nell’esecuzione dei compiti di lettura e, conseguentemente, di scrittura; colpisce bambini dotati d’intelligenza normale, che si presentano motivati ad imparare, con un’adeguata esperienza scolastica e sociale e che non presentano deficit né sensoriali, né neurologici né di tipo socioculturale. La diagnosi viene posta non prima dei 7 anni, quando sia stata superata la prima fase di apprendimento della lettura, con tutte le difficoltà che questo complesso processo può comportare a livello di codificazione e decodificazione del linguaggio scritto.

I parametri considerati per una diagnosi sono quelli di velocità e correttezza di lettura adeguati all’età del soggetto. Frequentemente l’ipotesi diagnostica viene posta dall’insegnante durante la classe III o IV elementare, per il persistere di difficoltà nell’apprendimento della letto-scrittura.

Colpisce circa il 5% dei bambini in età scolare: da questa definizione sono esclusi tutti quei bambini che hanno un disturbo di apprendimento secondario legato per esempio a scarsa stimolazione socio-culturale, problemi neurologici, sensoriali, ritardo di sviluppo, o difficoltà cognitive. La dislessia può associarsi a disgrafia, disortografia e discalculia in quanto presentano basi e prerequisiti comuni: l’associazione di questi disturbi si presenta normalmente con diverso grado di intensità.

Una sottocategoria della dislessia riguarda i bambini con un precedente disturbo specifico di linguaggio, in quanto la lettura e la scrittura ripropongono al bambino, ad un livello più alto, le difficoltà che ha avuto nell’apprendimento della lingua orale.

*Vai alla risorsa – http://www.irre.toscana.it/dislessia/dilco_brochure_per_scuole.pdf


Dopo alcuni anni dalla pubblicazione delle prime raccomandazioni cliniche interassociative sui DSA (Consensus Conference, AID, 2007) viene ora presentata agli operatori sanitari un’ulteriore dichiarazione comune d’intesa fra alcuni esperti rappresentanti di Organizzazioni e Servizi. 

Il documento (Documento d’intesa, PARCC, 2011) riporta le raccomandazioni cliniche elaborate da un gruppo di lavoro multidisciplinare e interdisciplinare. È il risultato di un ampio e lungo percorso di confronto, di riflessione e rappresenta una sintesi condivisa allo stato attuale delle conoscenze scientifiche.

1) Le “Raccomandazioni cliniche sui DSA” raccomandazioni cliniche sui DSA” che sono il documento d’intesa elaborato da parte del Panel di aggiornamento e revisione della Consensus Conference DSA (2007) in risposta a quesiti sui disturbi evolutivi specifici dell’apprendimento.

2) Il  documento definitivo relativo alla Conferenza di consenso celebrata all’Istituto Superiore di Sanità a Roma il 6-7 dicembre 2010 in merito ai “Disturbi specifici dell’apprendimento” assieme all’allegato di approfondimento delle prove di letteratura.

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Documento d’intesa elaborato da parte del Panel di aggiornamento e revisione della Consensus Conference DSA (2007) in risposta a quesiti sui disturbi evolutivi specifici dell’apprendimento.


Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato in gennaio 2013 la Direttiva del 27/12/2012 relativa ai Bisogni educativi Speciali (BES) e la conseguente C.M. 8 del 6 marzo 2013.Si tratta di un documento di notevole importanza perchè accoglie degli orientamenti da tempo presenti nei paesi dell’Unione Europea e che completano il quadro italiano dell’inclusione scolastica.

Infatti il nostro sistema è stato il primo in Europa ad introdurre l’inclusione scolastica generalizzata degli alunni con disabilità e ha di recente riordinato i principi della stessa con le linee guida emanate il 04/08/2009.

A seguito poi della L. n° 170/10 ha emanato le linee guida dell’12/07/2011 relative all’inclusione scolastica degli alunni con DSA (Disturbi Specifici d’Apprendimento: dislessia, disgrafia, dicalculia e disortografia).

Con quest’ultima Direttiva il Ministero fornisce indicazioni organizzative sull’inclusione anche degli alunni che non siano certificabili nè con disabilità, nè con DSA, ma che hanno difficoltà di apprendimento dovute a svantaggio personale, familiare e socio-ambientale.

Con il termine BES si intendono:

1. alunni con disabilità

2. alunni con DSA

3. alunni con svantaggio socio-economico, linguistico, culturale.

A tutte queste tipologie la Direttiva estende i benefici della L. n° 170/10, cioè le misure compensative e dispensative.

Il paragrafo 1.3 della Direttiva è dedicato agli alunni con deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività (ADHD) il cui numero viene stimato intorno agli 80.000. Per questi alunni se vi è anche la certificazione di disabilità scatta il diritto al sostegno, se invece manca tale certificazione essi hanno comunque diritto ad avere le garanzie della L. n° 170/10.

Il paragrafo 1.4 parla degli alunni con funzionamento cognitivo limite (borderline) stimati intorno ai 200.000.

Il paragrafo 1.5 fornisce degli orientamenti didattici a favore degli alunni con BES. Dal momento che già la normativa precedente ha fornito indicazioni per gli alunni con disabilità e quelli con DSA, il paragrafo così recita anche per gli altri casi di BES:

“Le scuole – con determinazioni assunte dai Consigli di classe, risultanti dall’esame della documentazione clinica presentata dalle famiglie e sulla base di considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico – possono avvalersi per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali degli strumenti compensativi e delle misure dispensative previste dalle disposizioni attuative della Legge 170/2010 (DM 5669/2011), meglio descritte nelle allegate Linee guida.”

E’ da osservare però che, mentre per gli alunni con disabilità e con DSA la normativa ha stabilito che le certificazioni cliniche debbono pervenire esclusivamente dalle ASL o da centri convenzionati o accreditati con esse, qui la Direttiva nulla dice per gli altri casi di BESrelativi allo svantaggio. E’ questo un punto assai importante che il Ministero dovrà chiarire in quanto è resa obbligatoria anche per essi la formulazione di un Piano Didattico Personalizzato in forza della L. n° 53/03.

Inoltre, dovendosi applicare anche a questi casi le misure compensative e dispensative della L. n° 170/10, i Consigli di Classe dovranno avere la documentazione clinica certa e dovranno formulare “considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico” non discutibili al fine di evitare contenziosi con altri alunni ai quali tali benefici non vengano concessi.

Il paragrafo 1.6 riguarda l’impegno del MIUR ad organizzare corsi di formazione per dirigenti e docenti curricolari sulla didattica inclusiva a favore anche dei casi non certificabili come disabilità o DSA.

Il Paragrafo 2 è totalmente dedicato all’organizzazione territoriale per l’ottimale realizzazione dell’inclusione scolastica.

Il paragrafo 2.1 si concentra sui Centri Territoriali di Supporto (CTS) istituiti presso scuole polo che la direttiva propone siano presenti uno per provincia, collegati con altri CTS a livello di ambito di distretto socio-sanitario di base, a loro volta collegati con le singole scuole. La Direttiva tiene però presente che questi strumenti organizzativi, riguardanti tutti i BES, non possono ignorare l’esistenza dei GLIR (Gruppi di lavoro per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità regionali) introdotti con le linee guida del 04/08/2009, i GLIP (gruppi a livello provinciale) e i GLH d’Istituto introdotti dall’art. 15 della L. n° 104/92.

Infatti così la direttiva recita:

“Sarà cura degli Uffici Scolastici Regionali operare il raccordo tra i CTS e i GLIR, oltre che raccordare i GLIP con i nuovi organismi previsti nella presente Direttiva.”

Questi raccordi saranno determinanti per dare coerenza a tutto il sistema organizzativo. Infatti mentre attualmente i CTS non sono sostenuti da finanziamenti certi, i GLIP (e quindi anche i GLIR) lo sono.

Ci si chiede se il MIUR intenderà riassorbire nei GLIR, nei GLIP e nei GLHI anche i compiti che la direttiva prevede per i CTS, oppure lasciare queste due linee organizzative parallele, come attualmente fa la stessa direttiva.

Il paragrafo 2.1.2 prevede che presso i CTS provinciali operi un’equipe di docenti curricolari e di sostegno “specializzati” sui BES tramite master universitari organizzati sulla base di un’intesa con il MIUR già esistente.

E’ strano che si usi il termine “specializzati” per quanti conseguano il titolo del master universitario; infatti la “specializzazione” è un termine tecnico ben preciso che vale solo per i docenti per il sostegno e per le scuole di specializzazione post lauream. Nella direttiva esso sembra usato in modo atecnico ed è necessario che il MIUR chiarisca questo punto.

Il paragrafo 2.2 riguarda le funzioni dei CTS che sono le seguenti:

2.2.1 Informazione e formazione

2.2.2 Consulenza

2.2.3 Gestione degli ausili e comodato d’uso

2.2.4 Buone pratiche e attività di ricerca e sperimentazione

2.2.5 Piano annuale d’intervento

2.2.6 Risorse economiche

2.2.7 Promozione di intese territoriali per l’inclusione

Il paragrafo 2.3 dice che ogni CTS provinciale deve darsi un suo regolamento interno.

Il paragrafo 2.4 riguarda l’organizzazione dei CTS che fa perno sul Dirigente Scolastico della scuola polo presso cui sono istituiti.

Si prevede la presenza di almeno tre docenti “specializzati sui BES” che, secondo la normativa dei comandi, dovrebbero garantire per almeno un triennio la loro presenza di consulenza alle scuole della provincia anche tramite i CTS di ambito distrettuale e i Gruppi di lavoro per l’inclusione delle singole scuole che si affiancano ai GLHI per i disabili.

Presso il CTS è istituito un Comitato Tecnico Scientifico con il compito di formulare il piano annuale degli interventi, composto da: “il Dirigente Scolastico, un rappresentante degli operatori del CTS, un rappresentante designato dall’U.S.R., e, ove possibile, un rappresentante dei Servizi Sanitari.”

Si prevede inoltre la nomina di un referente regionale dei CTS e la nomina di un Coordinamento nazionale istituito presso la Direzione generale per lo studente del MIUR composto da:

“- Un rappresentante del MIUR

– I referenti per la Disabilità/DSA degli Uffici Scolastici Regionali

– I referenti regionali CTS

– Un rappresentante del Ministero della Salute

– Un rappresentante del Ministero delle politiche sociali e del lavoro

– Eventuali rappresentanti della FISH e della FAND

– Docenti universitari o esperti nelle tecnologie per l’integrazione.

Il Coordinamento nazionale si rinnova ogni due anni.

Il Comitato tecnico è costituito dal rappresentante del MIUR, che lo presiede, e da una rappresentanza di 4 referenti CTS e 4 referenti per la disabilità/DSA degli Uffici Scolastici Regionali.”

Fonte: http://www.aipd.it