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Segnaliamo il lavoro del dott. G. Lo Presti sui BIsogni educativi speciali (Fonte)

BES Bisogni educativi speciali

Gli studenti con disabilità, con disturbi evolutivi (come DSA, ADHD etc.) e con svantaggio socio-economico, linguistico e culturale necessitano di Bisogni Educativi Speciali (BES) a scuola.

Su questo tema oggi vi è molta confusione. Una lettura superficiale della normativa rischia di portare a delle affermazioni come “i BES non esistono”; “Allora sono tutti studenti-BES” oppure “Senza certificazione non posso fare niente” e molte altre ancora, ma è tutto inesatto.

Sulla base di questi e di altri punti problematici, ecco 10 delucidazioni necessarie per operare e muoversi, da insegnante, genitore ed operatore, descritte in maniera chiara e con un preciso richiamo ai punti più salienti delle direttive ministeriali:

 1 – La scuola individua gli studenti con Bisogni Educativi Speciali in tre modi, attraverso: certificazione, diagnosi o da considerazioni didattiche.

“Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socio-economico, linguistico, culturale” (punto 1, Dir. M. 27/12/2012)

Possiamo trovarci di fronte a tre diverse situazioni.

a) Alunni con certificazione di disabilità, questa fa riferimento alla leg. 104/92 (art3) ed elaboriamo un PEI.

b) Alunni con diagnosi di disturbi evolutivi:

– Se hanno diagnosi di DSA, facciamo riferimento alla Leg 170/10 e DM 5669 12/7/2012 ed elaboriamo un PDP.

– Se hanno diagnosi di ADHD, Disturbi del Linguaggio, Disturbi della coordinazione motoria o non-verbali allora la scuola è in grado di decidere in maniera autonoma, “se” utilizzare, o meno, lo strumento del PDP, in caso non lo utilizzi ne scrive le motivazioni, infatti: “la scuola può intervenire nella personalizzazione in tanti modi diversi, informali o strutturati, secondo i bisogni e la convenienza. (…) il Consiglio di Classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato con eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione” (Piano Didattico Personalizzato, pag. 2 Nota Ministeriale MIUR del 22/11/2013, n°2363)

c) Alunni con svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale: “Tali tipologie di BES dovranno essere individuate sulla base di elementi oggettivi (come ad es. una segnalazione degli operatori dei servizi sociali), ovvero di ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche

(Area dello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale, CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013).

Il temine “ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche” presuppone che un alunno (in assenza di diagnosi o certificazioni mediche), il quale mostra delle difficoltà di apprendimento legate al fatto di provenire da un ambiente con svantaggio socio-economico, con deprivazioni culturali o linguistiche (come nel caso degli stranieri), può essere aiutato dalla scuola con l’adozione di percorsi individualizzati e personalizzati come strumenti compensativi e/o dispenativi (pag. 3 CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013) ma “non” è obbligata a fare il PDP, dunque sceglie in autonomia se fare o meno un PDP, e questi interventi dovranno essere per il tempo necessario all’aiuto in questione.

 2 – Alcuni BES possono essere anche temporanei

I Bisogni Educativi Speciali degli alunni nell’area dello svantaggio socio-economico, linguistico e culturale, prevedono interventi verificati nel tempo così da attuarli solo fin quando serve. Daremo priorità alle strategie educative e didattiche più frequenti anziché alle modalità di dispensazione/compensazione.

 “Si avrà cura di monitorare l’efficacia degli interventi affinchè siano messi in atto per il tempo strettamente necessario. Pertanto, a differenza delle situazioni di disturbo documentate da diagnosi, le misure dispensative (…) avranno carattere transitorio ed attinente aspetti didattici, privilegiando dunque le strategie educative e didattiche (…) più che strumenti compensativi e misure dispensative” (pag. 3 CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013)

 3 – Non esiste la “diagnosi di BES” ma necessità di Bisogni Educativi Speciali a  scuola

“Mio figlio ha un BES”, “Nella relazione vi è messo diagnosi di BES”, oppure ancora, alla domanda: “Che diagnosi ha? Di BES”: Sono tutte affermazioni errate, inesatte e difformi da ogni normativa e documento ufficiale. La diagnosi di “Bisogno Educativo Speciale” non esiste. La diagnosi è una dicitura sanitaria. La diagnosi può essere di “Disturbo Specifico di Apprendimento, nello specifico di Dislessia Evolutiva”, oppure diagnosi di “ADHD”. Quindi non esiste ne la diagnosi (e dunque neppure la certificazione) di Bisogni Educativi Speciali.

Cosa diversa è se vi è una relazione specialistica in cui dopo della dicitura diagnostica come “Discalculia Evolutiva” appare un suggerimento come “il soggetto necessita di un BES a scuola”. In questo caso lo psicologo o il medico che compila la relazione sottolinea semplicemente che la scuola avrà cura di adottare gli strumenti d’intervento per gli alunni con Bisogni Educativi Speciali.

Dunque il BES non si certifica (per un approfondimento leggi il post del Prof. Flavio Fogarolo).

4 – I Bisogni Educativi Speciali dei DSA: ovvero BES e DSA sono due concetti diversi.

“La presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati «DSA», che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana” (Art. 1 Leg.170/10).

I DSA tecnicamente non sono dei BES, ma i DSA necessitano di Bisogni Educativi Speciali a scuola, ovvero di interventi e strategie didattiche specifiche per i DSA.

Lo stesso principio vale per l’ADHD, o Disturbi del Linguaggio o svantaggio socio-culturale. Tutti questi necessitano di un Bisogno Educativo Speciale a scuola.

In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana

(Dir. MIUR 22/12/2012).

Per una più corretta informazione potrebbe essere meglio superare denominazioni come “BES e DSA”. Si rischia che il genitore, insegnante o operatore che legge, non conoscendo la normativa, la prima cosa che si domandi è: “ma allora BES e DSA sono due cose diverse?”.

5 – Il PDP – Piano Didattico Personalizzato NON è obbligatorio per tutti i BES

Il Piano Didattico Personalizzato citato nella normativa è previsto dal DM n°5669 12/7/2011 sui DSA.

E’ obbligatorio quando: abbiamo una diagnosi di Disturbo Specifico di Apprendimento, dunque con tutti codici che iniziano con F 81 dell’ ICD-10.

“E’ necessario il riferimento ai codici nosografici (attualmente tutti quelli compresi nella categoria F81: Disturbi evolutivi Specifici delle Abilità Scolastiche) e alla dicitura esplicita del DSA in oggetto (della lettura e/o della scrittura e/o del calcolo).”

(Art. 3, comma 1, “Elementi di Certificazione Diagnostica” della Conferenza Stato-Regioni per Diagnosi DSA)

E’ scelta della scuola quando:

Abbiamo una diagnosi di Disturbo Evolutivo (diverso dai DSA) come ADHD, Disturbo del Linguaggio, Disturbo Coordinazione Motoria o visuo-spaziale.

Oppure quando abbiamo delle difficoltà di apprendimento, svantaggio socio-culturale o alunni stranieri.

“Si ribadisce che, anche in presenza di richieste dei genitori accompagnate da diagnosi che però non hanno diritto alla certificazione di Disabilità o di DSA, il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione”

(Piano Didattico Personalizzato, pag. 2 Nota Ministeriale MIUR del 22/11/2013, n°2363)

Nei casi con Disabilità certificata ai sensi della Leg.104/92 a scuola va compiliamo il PEI.

6 – Il PDP può essere compilato in qualsiasi periodo dell’anno.

Se vi è diagnosi di DSA si compila entro 3 mesi.

La compilazione spetta sempre alla scuola, e questo può avvenire durante l’anno anche inoltrato.

Solo per le diagnosi di DSA, il PDP dovrebbe essere operativo entro 3 mesi dalla presentazione della documentazione diagnostica a scuola. Motivo per cui è sempre bene segnarsi data e numero di protocollo della presentazione dei documenti.

 

“la scuola predispone, nelle forme ritenute idonee e in tempi che non superino il primo trimestre scolastico un documento che dovrà contenere almeno le seguenti voci, articolato per le discipline coinvolte dal disturbo” (DM n°5669 12/7/2011) a questo punto  seguono alcuni punti da inserire nel PDP, in questa pagina il MIUR mette a disposizione dei modelli di PDP.

 

Se si frequenta una classe in cui vi saranno gli esami di Stato, è invece richiesto che la diagnosi sia presentata entro il 31 marzo dell’anno in corso (CM n° 8 del 6/3/2013)

7- Consenso Genitori: firmano PDP, ma non (ovviamente) per interventi didattici.

Il PDP va firmato da tre figure: Dirigente scolastico (o da suo delegato), dai docenti e dalla famiglia, ciò è riportato a pag. 2 della CM n° 8 del 6/3/2013.

Infatti il PDP rappresenta un accordo di reciproca collaborazione tra scuola e famiglia. Ma, come abbiamo detto, il PDP non è necessario per tutti i BES, in molti casi la scuola può decidere di mettere in atto della strategie didattiche di intervento senza formalizzarle nel PDP. In questo caso, non essendoci il PDP non è necessaria alcuna firma da parte della famiglia. D’altro canto non c’è bisogno di alcun documento per spiegare l’utilizzo di strategie didattiche più conformi a migliorare l’apprendimento di un alunno in difficoltà.

8 – Il PDP è uno strumento operativo che va applicato.

Che il PDP non si trasformi in un dovere burocratico quanto piuttosto in un’occasione per i docenti di poter far apprendere al meglio i propri studenti.

Le indicazioni operative indicano che il PDP non è un elenco di modalità dispensative/compensative  e neppure delle caselline, tipo checklist, da spuntare.

Si corre il rischio di produrre un PDP più per il bisogno d’avere un documento da registrare che delle indicazioni semplici ed operative da poter adottare.

“il Piano Didattico personalizzato non può essere inteso come mera esplicazione di strumenti compensativi e dispensativi per gli alunni con DSA; esso è bensì lo strumento in cui si potranno, ad esempio, includere progettazione didattico-educative calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita (di cui moltissimi alunni con BES, privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano), strumenti programmatici utili in maggior misura rispetto a compensazioni o dispense, a carattere squisitamente didattico-strumentale”.

(CM n°8 del 6/3/2013).

La cosa più importante per il quale sono state elaborate queste normative, facciamo corsi di formazione e per cui siamo qui a discutere è di certo una: applicare il PDP in classe.

9 – BES e prove Invalsi: il loro svolgimento dipende dal tipo di disturbo o difficoltà.

La nota MIUR, in tal senso chiarisce ogni procedura (è possibile scaricarla qui) da cui riproponiamo la tabella riassuntiva:

Svolgimento prove INVALSI Inclusione dei risultati nei dati di classe e di scuola Strumenti compensativi o altre misure Documento di riferimento
BES Disabilità certificata ai sensi dell’art. 3 c.1 e c.3 della legge 104/1992 Disabilità intellettiva Decide la scuola NO Tempi più lunghi e strumenti tecnologici (art.16, c. 3 L. 104/92) 

Decide la scuola

PEI
Disabilità sensoriale e motoria SI SI (c) Decide la scuola PEI
Altra disabilità Decide la scuola NO (b) Decide la scuola PEI
Disturbi evolutivi specifici (con certificazione o con diagnosi) DSA certificati ai sensi della legge 170/2010 (d) Decide la scuola SI (a) Decide la scuola PDP
Diagnosi di ADHD-Bordeline cognitivi

-Disturbi evolutivi specifici

SI SI (a) Decide la scuola PDP
Svantaggio socio-economico, linguistico e culturale SI SI NO

(a) A condizione che  le misure compensative e/o dispensative siano concretamente idonee al superamento della specifica disabilità o del disturbo specifico.

(b) Salvo diversa richiesta della suola.

(c) A condizione che i dispositivi e gli strumenti di mediazione o traduzione sensoriale (ad esempio sintesi vocale) siano concretamente idonei al superamento della specifica disabilità sensoriale.

(d) Sono compresi anche gli alunni e gli studenti con diagnosi di DSA in attesa di certificazione.

10 – Con diagnosi di DSA rilasciata da struttura privata redigiamo il PDP

Qui il MIUR mette un punto fermo: Piano Didattico Personalizzato subito con la diagnosi di DSA della struttura privata in mano.

Il punto più rilevante di questa normativa è che permette alle famiglie, rivolgendosi al professionista privato,  di abbattere sia i lunghi tempi di molti enti pubblici, sia i costi elevati di tanti enti accreditati e nel contempo che vi sia garantita una diagnosi rigorosa perché compilata da professionisti che rispettano la Consesus Conference sui DSA.

In questo modo, sia la scuola che la famiglia, può attivarsi tempestivamente per una diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi come previsto dalla legge quadro dei DSA (comma f, art 2, L. 170/10).

Dunque i docenti possono accettare la diagnosi di DSA emessa da strutture private per la piena applicazione della Legge 170/10 e DM 5669 12/7/2011:

“Per quanto riguarda gli alunni in possesso di una diagnosi di DSA rilasciata da una struttura privata, si raccomanda – nelle more del rilascio della certificazione da parte di strutture sanitarie pubbliche o accreditate – di adottare preventivamente le misure previste dalla Legge 170/2010, qualora il Consiglio di classe o il team dei docenti della scuola primaria ravvisino e riscontrino, sulla base di considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente riconducibili al disturbo. Pervengono infatti numerose segnalazioni relative ad alunni (già sottoposti ad accertamenti diagnostici nei primi mesi di scuola) che, riuscendo soltanto verso la fine dell’anno scolastico ad ottenere la certificazione, permangono senza le tutele cui sostanzialmente avrebbero diritto. Si evidenzia pertanto la necessità di superare e risolvere le difficoltà legate ai tempi di rilascio delle certificazioni (in molti casi superiori ai sei mesi) adottando comunque un piano didattico individualizzato e personalizzato nonché tutte le misure che le esigenze educative riscontrate richiedono.”

(Pag. 2 e 3 della CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013).

Sulla base di questi dieci punti, ecco come agire praticamente a scuola con gli studenti con Bisogni Educativi Speciali.

 Schema riassuntivo delle nostre 10 precisazioni caso per caso:

 

Alunni che necessitano di Bisogni Educativi Speciali a scuola sono:  Come lo individuo Cosa faccio Per quanto tempo
Disabilità certificata ai sensi dell’art. 3 c.1 e c.3 della legge 104/1992 Disabilità intellettiva PEI Sempre ma con modifiche annuali.
Disabilità sensoriale e motoria
Altra disabilità
Disturbi evolutivi specifici (con certificazione o con diagnosi) DSALegge 170/2010

 

In attesa di certificazione, va bene diagnosi di specialista privato.

CM n° 8 del 6/3/2013

PDP Sempre ma con modifiche annuali.
Diagnosi di ADHD-Bordeline cognitivi

-Disturbi evolutivi specifici

 

Per “diagnosi” si intende invece un giudizio clinic

o, attestante la presenza di una patologia o di un

disturbo, che può

essere rilasciato da un medico, da uno psicologo o

comunque da uno specialista iscritto negli albi del

le professioni

sanitarie.”

CM n° 8 del 6/3/2013

 

Strategie didattiche non formalizzare 

oppure

 

PDP

(se il CdC lo ritiene opportuno)

 

“Il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione”

(Nota MIUR del 22/11/2013, n°2363)

Circoscritto nell’anno scolastico di riferimento e messo in atto per il tempo strettamente necessario. 

CM n° 8 del 6/3/2013

 

 

 

Svantaggio socio-economico, linguistico e culturale Tali tipologie di BES dovrannoessere individuate sulla base di elementi oggettivi

(come ad es. una segnalazione degli operatori dei  servizi sociali), ovvero di ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche.”

Note La diagnosi di BES non esiste.

Un anno sperimentale: raccontaci la tua opinione

Il MIUR nella Nota del 22/12/2013 ha sottolineato che il corrente anno scolastico sarà utilizzato per sperimentare e monitorare procedure e metodologie relative ai Bisogni Educativi Speciali a scuola.

E’ quindi importante conoscere la tua esperienza e quella dei tuoi colleghi.

Scarica e dai uno sguardo all’allegato proposto, stampalo o inoltralo ad amici e conoscenti per conoscere anche la loro opinione. Ma, sopra ogni cosa, se questo post è ricco di informazioni è anche grazie a chi ha speso il proprio tempo a raccontare la propria esperienza.

Come ti trovi a scuola con la nuova normativa sui BES? Che miglioramenti apporteresti? Cosa va bene o che cosa cambieresti?

http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/glopresti/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qui trovi tutti i link alla normativa citata nel testo:

Legge quadro sui DSA 170/2010

DM 5669 del 12/7/2011

Direttiva BES del 27/12/2012

Circolare MIUR n° 8-561 6/3/2013

Nota MIUR del 22/11/2013

Nota Invalsi per alunni BES

 

 

 

 

 

 


Inauguriamo lo spazio dedicato ai Bisogni Educativi Speciali (B.E.S.) pubblicando un interessante articolo del gruppo LEDHA Scuola.

Scuola: condividere i cambiamenti con chi li deve attuare

*a cura del Gruppo LEDHA Scuola

Sta sostanzialmente in questo la critica principale rivolta dal Gruppo LEDHA Scuola alla recente Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012, sui Bisogni Educativi Speciali (BES) e alla successiva Circolare 8/13, che ne ha approfondito vari aspetti. Il rischio, quindi, è che tali norme difficilmente possano essere applicate, considerando anche la carenza strutturale di risorse nella scuola

Bimbo alla lavagan con aria corrucciata

La Circolare Ministeriale 8/13, esplicativa della Direttiva Ministeriale sui BES (Bisogni Educativi Speciali) del 27 dicembre 2012[“Strumenti d’intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”, N.d.R.] ha il notevole pregio di aver posto all’ordine del giorno la necessità della presa in carico collegiale dei BES (ivi compresi, quindi, gli alunni con disabilità) da parte di tutti i docenti, il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento attraverso la realizzazione di un Piano Didattico Personalizzato e il diritto al successo formativo di tutti gli alunni con difficoltà. E tuttavia, essa non fuga le perplessità suscitate dalla Direttiva [esposte a suo tempo in un ampio documento, sempre elaborato dal Gruppo LEDHA Scuola, N.d.R.] e sull’attuazione pratica delle misure proposte. Vediamo perché, punto per punto.

1. Disturbi specifici non esplicitati nella Legge 170/10 (DSA – disturbi specifici di apprendimento) – Deficit da disturbo dell’attenzione e dell’iperattività – Funzionamento cognitivo limite

A quanti, come noi, avanzavano dubbi sull’estensione – senza il supporto di una diagnosi clinica certa – delle misure previste dalla Legge 170/10 (stesura del Piano Didattico Personalizzato per ogni allievo; adozione di misure dispensative e di strumenti compensativi), anche ai nuovi casi di BES descritti dettagliatamente nella prima parte della Direttiva, la Circolare 8/13 risponde affermando che «ove non sia presente certificazione clinica o diagnosi, il Consiglio di Classe o il team docenti motiveranno opportunamente, verbalizzandole, le decisioni assunte sulla base di considerazioni pedagogiche e didattiche, ciò al fine di evitare contenzioso».

Dubbi e interrogativi

a) Nel caso dei disturbi evolutivi specifici non esplicitati nella Legge 170/10, elencati nella Direttiva al punto 1.2, ovvero dei disturbi nell’area del linguaggio o, al contrario, nelle aree non verbali, come nel caso del disturbo della coordinazione motoria, della disprassia o del disturbo non-verbale, ma anche del disturbo dello spettro autistico lieve, oltreché nel caso dei disturbi dell’attenzione e dell’iperattività (punto 1.3 della Direttiva), del funzionamento cognitivo limite o borderline (punto 1.4), è credibile che un team docente, “storicamente” non formato a formulare ipotesi differenziali in merito a diverse condizioni cliniche, sia in grado didistinguere, solo basandosi sulla rilevazione dei bisogni e con un discreto margine di certezza tra una situazione certificabile e una non?

b) Si può davvero pensare che basti il dettato ministeriale affinché gli insegnanti sostituiscano una documentazione clinica certa, con la verbalizzazione delle loro «fondate argomentazioni pedagogico-didattiche»?
c) Il ricorso alla certificazione clinica è obbligatorio solo in funzione dell’impegno economico (assunzione dell’insegnante di sostegno o adozione di onerosi strumenti compensativi) e/o della concessione di particolari dispense (vedi esonero dallo scritto della lingua straniera)?
d) È plausibile che si possa, senza una formazione obbligatoria di tutti i docenti sull’utilizzo dell’ICF [la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.], superare l’inveterata “logica della certificazione e delle etichettature” (come afferma ad esempio il professor Dario Ianes) e affermare la “lettura dei bisogni per tutti i BES”? Non è proprio la Direttiva nella sua prima parte a fare ampio ricorso a riferimenti clinici, in contrasto con l’ICF, di cui vorrebbe promuovere l’adozione?

A questo punto, purtroppo, è facile immaginare che si otterrà l’effetto opposto a quello della semplificazione, auspicato dalla Direttiva: le famiglie di molti alunni saranno infatti indotte a ricorrere a specialisti, affinché questi riconoscano o escludano una loro “appartenenza” a una delle categorie in cui la Direttiva suddivide i BES (DSA e altri Disturbi specifici; Alunni con disabilità; Alunni con svantaggio socio-culturale e linguistico), con un ulteriore aggraviodel lavoro delle UONPIA [Unità Operative di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, N.d.R.] e delle strutture private accreditate, la cui cronica mancanza di risorse è sotto gli occhi di tutti ed è causa di pesanti ritardi anche solo nella formulazione delle diagnosi cliniche e delle valutazioni funzionali necessarie, per poter accedere ai Collegi di accertamento degli alunni in situazione di disabilità.

2. Area dello svantaggio socio-economico, linguistico e culturale
Per i bambini in situazione di svantaggio socio-culturale e linguistico (quasi ignorati nella Direttiva e a cui la Circolare 8/13 dà giustamente maggiore rilievo), il problema è sicuramente diverso. «Tali tipologie di BES – si afferma – dovranno essere individuate sulla base di elementi oggettivi (come ad es. una segnalazione degli operatori dei servizi sociali) ovvero di ben fondate considerazioni pedagogiche e didattiche». Per loro, come per gli altri BES, andranno attivati percorsi individualizzati e adottati strumenti compensativi e misure dispensative «per il tempo strettamente necessario», previo monitoraggio dell’efficacia di tali interventi.
La Circolare ricorda quindi l’opportunità, sulla base dell’articolo 5 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 89/09, dell’utilizzo delle due ore di seconda lingua nella scuola secondaria di primo grado, per l’apprendimento della lingua italiana.

Dubbi e interrogativi

a) Con quali modalità operative non è però dato sapere: si organizzeranno sottogruppi disciplinari, ma con quali risorse, in assenza di compresenze?
b) E alla scuola primaria, dove manca l’opportunità di una seconda lingua?

Alunna con disabilità in aula affollata

Pienamente d’accordo, invece, siamo sull’invito della Circolare a privilegiare maggiormente le strategie educative e didattiche, attraverso percorsi personalizzati, anziché fare ricorso a misure dispensative e strumenti compensativi, anche perché i fatti ci dicono che occorrono mesi – quando va bene – per avere un personal computer, peggio ancora per avere software dedicati! Persino i genitori degli alunni con disabilità faticano a ottenerli, anche se previsti nel PEI [Piano Educativo Individualizzato, N.d.R.], perché il Nomenclatore non li contempla e anche quando vi sono Leggi Regionali che ne dispongono la concessione, le pratiche sono lunghe e difficili. Senza contare il fatto che quest’anno, ad esempio, laRegione Lombardia ha concesso i contributi della propria Legge 23/99 per gli strumenti tecnologicamente avanzati – computer e software di base – solo agli alunni con DSA.

Infine, l’attivazione di interventi “on-off” creerà inevitabilmente qualche disaccordo fra i docenti del Consiglio di Classe ed è prevedibile ipotizzare scontenti fra le altre famiglieche, in presenza di situazioni borderline non certificabili o di disagio sociale non tempestivamente supportate dai servizi sociali, potrebbero contestare alla scuola che per alcuni studenti siano stati attivati progetti individualizzati e strategie varie a carattere dispensativo o compensativo e per i propri figli no.

3. Azioni a livello della singola istituzione scolastica
Anche su questo argomento, la Circolare 8/13 introduce elementi decisamente nuovi rispetto alla Direttiva del 27 dicembre 2012, innanzitutto approfondendo argomenti solo inizialmente accennati e apportando aggiunte significative, al punto che vien fatto di chiedere perché il Ministero abbia avuto fretta di deliberare, quando avrebbe potuto stendere un testo organico, che non desse luogo a confusioni interpretative e applicative, dopo avere sentito con più calma l’Osservatorio sull’Integrazione.

Nuova – e molto significativa – è ad esempio tutta la parte della Circolare sui Gruppi di Lavoro scolastici per l’inclusione dei BES. D’ora in poi, quindi, i GLHI che – sulla base dell’articolo 15 della Legge 104/92 – si devono occupare dell’inclusione degli alunni con disabilità a livello di Istituzione Scolastica, tratteranno le questioni relative a tutti i BES, con un nuovo nome: GLI, ovvero Gruppi di Lavoro per l’Inclusione.

Ci soddisfa il superamento dell’identificazione della disabilità come situazione di “confino”, non solo in senso pedagogico-didattico, ma anche in senso lato sociale, giungendo finalmente a considerarla una delle tante condizioni di vita, con pari diritti e opportunità rispetto alle altre situazioni, di “normalità” o di difficoltà.

Positivo anche che la Circolare ricordi finalmente che nei Piani dell’Offerta Formativa (POF) delle scuole non vadano scritte solo generiche enunciazioni di principio, ma siano indicati unconcreto impegno programmatico per l’inclusione, criteri e procedure di utilizzo “funzionale” delle risorse presenti nella scuola, «sulla base di un progetto di inclusione condiviso con famiglie e servizi sociosanitari» e l’impegno a partecipare ad azioni di formazione e prevenzione, concordate a livello territoriale.
È il punto sicuramente più alto della Circolare, come è altrettanto significativo che essa reintroduca il tema – ampiamente “dimenticato” – della necessità della rilevazione, delmonitoraggio e della valutazione del grado di inclusività che le scuole stesse dovranno effettuare.

Temiamo però – come Associazioni di persone con disabilità – che anche questi documenti, come già le Linee Guida per l’Integrazione Scolastica degli Alunni con Disabilità del 2009, rimangano lettera morta per i troppi “se” e i troppi “ma” che lasciano aperti, perché rischiano di essere disposizioni normative subìte e non condivise, con quanti – in primis i docenti tutti – hanno il dovere e la responsabilità di applicarle, lasciando altresì insoluti vari problemi, a partire dalle risorse insufficienti e dalle scadenze inattuabili, ad anno scolastico ormai inoltrato.

In realtà la scuola “bella”, in cui crediamo, stenta a realizzarsi e si scontra con la dura realtà dei fatti!

Ragazzi di scuola media in classe

Tra le «risorse specifiche e di coordinamento presenti nella scuola», che dovrebbero integrare i GLHI, la Circolare cita componenti che avrebbero già dovuto far parte di tali organismi a livello scolastico, vale a dire «funzioni strumentali, insegnanti per il sostegno, AEC [assistenti educativi-culturali, N.d.R.], assistenti alla comunicazione, docenti “disciplinari” con esperienza e/o con formazione specifica o con compiti di coordinamento tra le classi, genitori ed esperti istituzionali o esterni in regime di convenzionamento con la scuola».

Ci siamo sempre battute – come Associazioni di Persone con Disabilità – affinché collaborassero alla redazione del PDF e del PEI [rispettivamente Profilo Dinamico Funzionale e Piano Educativo Individualizzato, N.d.R.] degli alunni con disabilità, non solo gli insegnanti di sostegno, ma anche gli insegnanti curricolari, gli specialisti, i genitori e gli educatori (AEC e assistenti alla comunicazione), e tuttavia, in molte, troppe scuole, partecipano alla programmazione solo gli insegnanti di sostegno, o in qualche caso fortunato anche i genitori e qualche insegnante curricolare. Gli educatori, invece, neppure vengono considerati e nonostante la LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità) si sia ad esempio più volte pronunciata in tal senso, essi non hanno nemmeno potere di “firma”.

La presenza degli specialisti esterni è divenuta quindi merce rara: i rappresentanti delle Unità Operative di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (UONPIA) o degli Enti privati accreditati e gli esperti istituzionali (rappresentanti degli Enti Locali) rarissimamente partecipano ai GLHI e, presso le sedi scolastiche, ai GLHO [Gruppi di Lavoro Handicap Operativi, N.d.R.]. Inoltre, quasi sempre sono gli insegnanti di sostegno – e solo di rado vi si aggiunge un rappresentante degli insegnanti curricolari – a recarsi presso la sede delle UONPIA o delle strutture accreditate, per concordare la programmazione educativo-didattica per gli allievi con disabilità.

È apprezzabile, infine, che la Circolare 8/13 abbia asserito che il completamento del PEI vada effettuato nel mese di settembre, considerato che, solo in rari casi, la stesura del Piano viene conclusa entro la fine di novembre.

Dubbi e interrogativi

a) Riusciranno poi i “nuovi” GLI da subito – visto che la Direttiva è immediatamente operativa – non solo a raccogliere, monitorare e valutare i PEI degli alunni con disabilità, ma anche ad analizzare le criticità e i punti di forza degli interventi di inclusione scolastica operati nell’anno per i tutti i BES presenti nell’Istituzione Scolastica e a stendere entro il mese di giugno il Piano Annuale per l’Inclusività?
b) Buono lo stimolo a che si formino i GLI (visto che ancora in molte scuole non esistono neppure i GLHI), ma pensare che si riuniscano preferibilmente una volta al mese appare sinceramente irrealistico.
Alunni in classe

c) Perché la Circolare propone che il GLI si riunisca possibilmente con cadenza mensile solo per la parte Risorse (quindi senza rappresentanti dei genitori, degli studenti e delle associazioni)?
d) Quali sono gli «esperti istituzionali o esterni in regime di convenzionamento con la scuola»? E a quali finanziamenti si pensa, visto che in molte scuole scarseggiano le risorse anche per le più elementari esigenze? Infatti, gli «esperti esterni» a volte costano e vengono coinvolti, come fanno i CTI/CTRH [Centri Territoriali per l’Integrazione, N.d.R.], solo “se e quando” arrivano i fondi.
e) Oltre all’autovalutazione del grado di inclusività della scuola, quali strumenti di rilevazione e monitoraggio della qualità dell’inclusione “terzi” verranno impiegati per garantire obiettività di giudizio?
f) Qual è il ruolo dell’insegnante di sostegno? Alla luce della Direttiva e nella Circolare, quale scenario si prefigura? Quando un illustre pedagogista come Dario Ianes parla di «risorse abbondanti per i BES in generale» e le identifica con un investimento massiccio per pagare più di 100.000 insegnanti di sostegno solo nelle scuole statali, pensa solo alla loro compresenze in classe o al loro passaggio in prospettiva al lavoro curricolare (si veda ad esempio la “proposta TreeLLLe”*) e quindi al loro utilizzo per l’inclusione di tutti i BES?
g) Qual è la tempistica per la richiesta di risorse per il sostegno degli alunni con disabilità alla luce del disposto della Circolare 8/13? Se il Piano Annuale per l’Inclusività, redatto (si veda la Circolare) «entro il mese di giugno» e contenente anche le proposte formulate dai singoli GLHO in sede di definizione dei PEI, va successivamente «discusso e deliberato dal Collegio dei Docenti e inviato ai competenti Uffici UUSSRR [Uffici Scolastici Regionali, N.d.R.], nonché ai GLIP e ai GLIR [rispettivamente Gruppi di Lavoro per l’Inclusione Provinciali e Regionali, N.d.R.] per la richiesta dell’organico di sostegno e alle altre istituzioni territoriali come proposta di assegnazione delle risorse di competenza», le richieste relative perverranno agli uffici competenti solo intorno a luglio, ormai in fase di definizione dell’organico di fatto.

4. Azioni a livello territoriale
La Circolare, come già la Direttiva, affida un ruolo fondamentale solo ai CTS (Centri Territoriali di Supporto) per l’inclusione dei BES e nulla aggiunge sul tema delle risorse per il funzionamento dei CTI (Centri Territoriali per l’Integrazione): parla di istituirne di nuovi o di convalidarli se “funzionali”, ma sempre con un ruolo di second’ordine o ausiliario rispetto ai CTS, attribuendo – come già aveva fatto la Direttiva – un’eccessiva enfasi all’impiego delle tecnologie assistive e agli strumenti tecnologicamente avanzati per l’inclusione, mentre nell’ultimo decennio i CTI/CTRH hanno svolto in molte situazioni un ruolo vicariante nell’informazione, consulenza e formazione dei  docenti, delle famiglie e del personale non docente, per le tematiche relative all’inclusione non solo degli alunni con disabilità, ma anche dei DSA, quando le Università non organizzavano corsi di aggiornamento o lo facevano a costi inaccessibili.

Ci sembra quindi un errore non valorizzare debitamente a livello distrettuale – attribuendo anche ad essi autonomia economica e organizzativa, come ai CTS – il ruolo chiave dei CTI, che hanno messo in rete le scuole e valorizzato nel territorio i rapporti interistituzionali.

Non ci sentiamo di condividere neppure la genericità con cui viene valutata (da chi e sulla base di quali parametri?) l’«approfondita competenza» e l’esperienza nelle nuove tecnologie dell’inclusione per l’area della disabilità, la «documentata e comprovata esperienza nel campo» e la partecipazione a master e corsi di perfezionamento per l’area dei disturbi evolutivi specifici. Vi è infatti il fondato timore che la frequenza di uno o più corsi in Didattica e Psicopedagogia per i DSA venga valutata più di anni di attività formativa e progettuale e che i docenti operatori dei CTS e CTI non siano sottoposti anch’essi a una valutazione oggettiva di titoli, meriti ed esperienza.

In conclusione, date le difficoltà applicative della Direttiva, solo in parte risolte nella Circolare, si possono prefigurare due scenari di segno opposto, ma entrambi tali da inficiare o anche solo attenuare le innovazioni positive contenute in questi Documenti Ministeriali: molte Istituzioni Scolastiche, date le oggettive difficoltà applicative e la carenza strutturale di risorse, potranno soprassedere, in attesa che siano emanate disposizioni più precise; altre, invece, cercheranno di attuare – presumiamo con non poche difficoltà – le disposizioni in esse contenute perché “lo dice la legge”.

In realtà, i cambiamenti – soprattutto quelli significativi che incidono sulle relazioni – si affermano non già perché imposti, ma perché condivisi con chi li deve attuare. E questo richiede flessibilità, rispetto e collaborazione.

*Parlando di “proposta TreeLLLe”, ci si riferisce alla proposta presente nel rapporto intitolatoGli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte (Erickson, 2011), elaborato dalla Fondazione Agnelli – insieme all’Associazione TreeLLLe e alla Caritas Italiana ponderoso studio sull’opportunità di mandare la maggioranza degli attuali docenti per il sostegno a insegnare nelle discipline curricolari di rispettiva abilitazione, lasciando solo una percentuale di essi a comporre gruppi di esperti itineranti a livello provinciale o subprovinciale, come consulenti esterni alle singole scuole.

La LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità) è la componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

Fonte – http://www.superando.it/2013/04/04/scuola-condividere-i-cambiamenti-con-chi-li-deve-attuare/