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GUIDA PDP DSA

La personalizzazione dell’apprendimento (a differenza della individualizzazione) non impone un rapporto di uno a uno tra docente e allievo con conseguente aggravio del lavoro dell’insegnante, ma indica l’uso di “strategie didattiche finalizzate a garantire a ogni
studente una propria forma di eccellenza cognitiva, attraverso possibilità elettive di coltivare le proprie potenzialità intellettive (capacità spiccata rispetto ad altre/punto di forza). In altre parole, la PERSONALIZZAZIONE ha lo scopo di far sì che ognuno sviluppi
propri personali talenti” (M. Baldacci).

l Comitato Scuola dell’Associazione Italiana Dislessia, con la stesura di un modello di Piano Didattico Personalizzato, sia per la Scuola Primaria che per la Scuola Secondaria di primo e secondo grado, ha voluto offrire, oltre ad una traccia e una guida nella redazione, anche l’occasione per una riflessione sul suo valore e sul suo significato e, conseguentemente, dare una giusta informazione al mondo della scuola affinché non percepisca la compilazione di questo documento come un’ennesima fastidiosa richiesta di “ riempire delle carte”, o come uno dei tanti “ impedimenti burocratici” che si frappongono al “fare scuola quotidiano”.Si è voluto altresì mettere in rilievo l’importanza del PDP come strumento utile e costruttivo, che, se opportunamente interpretato e utilizzatonell’impostazione di metodologie didattiche, oltre a permettere l’apprendimento degli studenti con DSA, ha una ricaduta positiva sull’intero gruppo-classe.

Accedì alla risorsa

 


La comprensione del testo dalla teoria alla pratica

Seminario 21 giugno 2014 – Ecco le presentazioni  degli interventi tenuti durante del seminario del 21 giugno 2014.

La comprensione del testo dalla teoria alla pratica

Barbara Carretti – Università di Padova
La comprensione del testo può essere considerata un’abilità trasversale agli apprendimenti: è importante quindi riconoscere le difficoltà e individuare modalità per il suo potenziamento. Obiettivo dell’intervento è quello di passare in rassegna le caratteristiche cognitive e metacognitive di studenti con difficoltà e le potenziali linee di intervento

* Fonte – Anastasis

 



Segnaliamo il lavoro del dott. G. Lo Presti sui BIsogni educativi speciali (Fonte)

BES Bisogni educativi speciali

Gli studenti con disabilità, con disturbi evolutivi (come DSA, ADHD etc.) e con svantaggio socio-economico, linguistico e culturale necessitano di Bisogni Educativi Speciali (BES) a scuola.

Su questo tema oggi vi è molta confusione. Una lettura superficiale della normativa rischia di portare a delle affermazioni come “i BES non esistono”; “Allora sono tutti studenti-BES” oppure “Senza certificazione non posso fare niente” e molte altre ancora, ma è tutto inesatto.

Sulla base di questi e di altri punti problematici, ecco 10 delucidazioni necessarie per operare e muoversi, da insegnante, genitore ed operatore, descritte in maniera chiara e con un preciso richiamo ai punti più salienti delle direttive ministeriali:

 1 – La scuola individua gli studenti con Bisogni Educativi Speciali in tre modi, attraverso: certificazione, diagnosi o da considerazioni didattiche.

“Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socio-economico, linguistico, culturale” (punto 1, Dir. M. 27/12/2012)

Possiamo trovarci di fronte a tre diverse situazioni.

a) Alunni con certificazione di disabilità, questa fa riferimento alla leg. 104/92 (art3) ed elaboriamo un PEI.

b) Alunni con diagnosi di disturbi evolutivi:

– Se hanno diagnosi di DSA, facciamo riferimento alla Leg 170/10 e DM 5669 12/7/2012 ed elaboriamo un PDP.

– Se hanno diagnosi di ADHD, Disturbi del Linguaggio, Disturbi della coordinazione motoria o non-verbali allora la scuola è in grado di decidere in maniera autonoma, “se” utilizzare, o meno, lo strumento del PDP, in caso non lo utilizzi ne scrive le motivazioni, infatti: “la scuola può intervenire nella personalizzazione in tanti modi diversi, informali o strutturati, secondo i bisogni e la convenienza. (…) il Consiglio di Classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato con eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione” (Piano Didattico Personalizzato, pag. 2 Nota Ministeriale MIUR del 22/11/2013, n°2363)

c) Alunni con svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale: “Tali tipologie di BES dovranno essere individuate sulla base di elementi oggettivi (come ad es. una segnalazione degli operatori dei servizi sociali), ovvero di ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche

(Area dello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale, CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013).

Il temine “ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche” presuppone che un alunno (in assenza di diagnosi o certificazioni mediche), il quale mostra delle difficoltà di apprendimento legate al fatto di provenire da un ambiente con svantaggio socio-economico, con deprivazioni culturali o linguistiche (come nel caso degli stranieri), può essere aiutato dalla scuola con l’adozione di percorsi individualizzati e personalizzati come strumenti compensativi e/o dispenativi (pag. 3 CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013) ma “non” è obbligata a fare il PDP, dunque sceglie in autonomia se fare o meno un PDP, e questi interventi dovranno essere per il tempo necessario all’aiuto in questione.

 2 – Alcuni BES possono essere anche temporanei

I Bisogni Educativi Speciali degli alunni nell’area dello svantaggio socio-economico, linguistico e culturale, prevedono interventi verificati nel tempo così da attuarli solo fin quando serve. Daremo priorità alle strategie educative e didattiche più frequenti anziché alle modalità di dispensazione/compensazione.

 “Si avrà cura di monitorare l’efficacia degli interventi affinchè siano messi in atto per il tempo strettamente necessario. Pertanto, a differenza delle situazioni di disturbo documentate da diagnosi, le misure dispensative (…) avranno carattere transitorio ed attinente aspetti didattici, privilegiando dunque le strategie educative e didattiche (…) più che strumenti compensativi e misure dispensative” (pag. 3 CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013)

 3 – Non esiste la “diagnosi di BES” ma necessità di Bisogni Educativi Speciali a  scuola

“Mio figlio ha un BES”, “Nella relazione vi è messo diagnosi di BES”, oppure ancora, alla domanda: “Che diagnosi ha? Di BES”: Sono tutte affermazioni errate, inesatte e difformi da ogni normativa e documento ufficiale. La diagnosi di “Bisogno Educativo Speciale” non esiste. La diagnosi è una dicitura sanitaria. La diagnosi può essere di “Disturbo Specifico di Apprendimento, nello specifico di Dislessia Evolutiva”, oppure diagnosi di “ADHD”. Quindi non esiste ne la diagnosi (e dunque neppure la certificazione) di Bisogni Educativi Speciali.

Cosa diversa è se vi è una relazione specialistica in cui dopo della dicitura diagnostica come “Discalculia Evolutiva” appare un suggerimento come “il soggetto necessita di un BES a scuola”. In questo caso lo psicologo o il medico che compila la relazione sottolinea semplicemente che la scuola avrà cura di adottare gli strumenti d’intervento per gli alunni con Bisogni Educativi Speciali.

Dunque il BES non si certifica (per un approfondimento leggi il post del Prof. Flavio Fogarolo).

4 – I Bisogni Educativi Speciali dei DSA: ovvero BES e DSA sono due concetti diversi.

“La presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati «DSA», che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana” (Art. 1 Leg.170/10).

I DSA tecnicamente non sono dei BES, ma i DSA necessitano di Bisogni Educativi Speciali a scuola, ovvero di interventi e strategie didattiche specifiche per i DSA.

Lo stesso principio vale per l’ADHD, o Disturbi del Linguaggio o svantaggio socio-culturale. Tutti questi necessitano di un Bisogno Educativo Speciale a scuola.

In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana

(Dir. MIUR 22/12/2012).

Per una più corretta informazione potrebbe essere meglio superare denominazioni come “BES e DSA”. Si rischia che il genitore, insegnante o operatore che legge, non conoscendo la normativa, la prima cosa che si domandi è: “ma allora BES e DSA sono due cose diverse?”.

5 – Il PDP – Piano Didattico Personalizzato NON è obbligatorio per tutti i BES

Il Piano Didattico Personalizzato citato nella normativa è previsto dal DM n°5669 12/7/2011 sui DSA.

E’ obbligatorio quando: abbiamo una diagnosi di Disturbo Specifico di Apprendimento, dunque con tutti codici che iniziano con F 81 dell’ ICD-10.

“E’ necessario il riferimento ai codici nosografici (attualmente tutti quelli compresi nella categoria F81: Disturbi evolutivi Specifici delle Abilità Scolastiche) e alla dicitura esplicita del DSA in oggetto (della lettura e/o della scrittura e/o del calcolo).”

(Art. 3, comma 1, “Elementi di Certificazione Diagnostica” della Conferenza Stato-Regioni per Diagnosi DSA)

E’ scelta della scuola quando:

Abbiamo una diagnosi di Disturbo Evolutivo (diverso dai DSA) come ADHD, Disturbo del Linguaggio, Disturbo Coordinazione Motoria o visuo-spaziale.

Oppure quando abbiamo delle difficoltà di apprendimento, svantaggio socio-culturale o alunni stranieri.

“Si ribadisce che, anche in presenza di richieste dei genitori accompagnate da diagnosi che però non hanno diritto alla certificazione di Disabilità o di DSA, il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione”

(Piano Didattico Personalizzato, pag. 2 Nota Ministeriale MIUR del 22/11/2013, n°2363)

Nei casi con Disabilità certificata ai sensi della Leg.104/92 a scuola va compiliamo il PEI.

6 – Il PDP può essere compilato in qualsiasi periodo dell’anno.

Se vi è diagnosi di DSA si compila entro 3 mesi.

La compilazione spetta sempre alla scuola, e questo può avvenire durante l’anno anche inoltrato.

Solo per le diagnosi di DSA, il PDP dovrebbe essere operativo entro 3 mesi dalla presentazione della documentazione diagnostica a scuola. Motivo per cui è sempre bene segnarsi data e numero di protocollo della presentazione dei documenti.

 

“la scuola predispone, nelle forme ritenute idonee e in tempi che non superino il primo trimestre scolastico un documento che dovrà contenere almeno le seguenti voci, articolato per le discipline coinvolte dal disturbo” (DM n°5669 12/7/2011) a questo punto  seguono alcuni punti da inserire nel PDP, in questa pagina il MIUR mette a disposizione dei modelli di PDP.

 

Se si frequenta una classe in cui vi saranno gli esami di Stato, è invece richiesto che la diagnosi sia presentata entro il 31 marzo dell’anno in corso (CM n° 8 del 6/3/2013)

7- Consenso Genitori: firmano PDP, ma non (ovviamente) per interventi didattici.

Il PDP va firmato da tre figure: Dirigente scolastico (o da suo delegato), dai docenti e dalla famiglia, ciò è riportato a pag. 2 della CM n° 8 del 6/3/2013.

Infatti il PDP rappresenta un accordo di reciproca collaborazione tra scuola e famiglia. Ma, come abbiamo detto, il PDP non è necessario per tutti i BES, in molti casi la scuola può decidere di mettere in atto della strategie didattiche di intervento senza formalizzarle nel PDP. In questo caso, non essendoci il PDP non è necessaria alcuna firma da parte della famiglia. D’altro canto non c’è bisogno di alcun documento per spiegare l’utilizzo di strategie didattiche più conformi a migliorare l’apprendimento di un alunno in difficoltà.

8 – Il PDP è uno strumento operativo che va applicato.

Che il PDP non si trasformi in un dovere burocratico quanto piuttosto in un’occasione per i docenti di poter far apprendere al meglio i propri studenti.

Le indicazioni operative indicano che il PDP non è un elenco di modalità dispensative/compensative  e neppure delle caselline, tipo checklist, da spuntare.

Si corre il rischio di produrre un PDP più per il bisogno d’avere un documento da registrare che delle indicazioni semplici ed operative da poter adottare.

“il Piano Didattico personalizzato non può essere inteso come mera esplicazione di strumenti compensativi e dispensativi per gli alunni con DSA; esso è bensì lo strumento in cui si potranno, ad esempio, includere progettazione didattico-educative calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita (di cui moltissimi alunni con BES, privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano), strumenti programmatici utili in maggior misura rispetto a compensazioni o dispense, a carattere squisitamente didattico-strumentale”.

(CM n°8 del 6/3/2013).

La cosa più importante per il quale sono state elaborate queste normative, facciamo corsi di formazione e per cui siamo qui a discutere è di certo una: applicare il PDP in classe.

9 – BES e prove Invalsi: il loro svolgimento dipende dal tipo di disturbo o difficoltà.

La nota MIUR, in tal senso chiarisce ogni procedura (è possibile scaricarla qui) da cui riproponiamo la tabella riassuntiva:

Svolgimento prove INVALSI Inclusione dei risultati nei dati di classe e di scuola Strumenti compensativi o altre misure Documento di riferimento
BES Disabilità certificata ai sensi dell’art. 3 c.1 e c.3 della legge 104/1992 Disabilità intellettiva Decide la scuola NO Tempi più lunghi e strumenti tecnologici (art.16, c. 3 L. 104/92) 

Decide la scuola

PEI
Disabilità sensoriale e motoria SI SI (c) Decide la scuola PEI
Altra disabilità Decide la scuola NO (b) Decide la scuola PEI
Disturbi evolutivi specifici (con certificazione o con diagnosi) DSA certificati ai sensi della legge 170/2010 (d) Decide la scuola SI (a) Decide la scuola PDP
Diagnosi di ADHD-Bordeline cognitivi

-Disturbi evolutivi specifici

SI SI (a) Decide la scuola PDP
Svantaggio socio-economico, linguistico e culturale SI SI NO

(a) A condizione che  le misure compensative e/o dispensative siano concretamente idonee al superamento della specifica disabilità o del disturbo specifico.

(b) Salvo diversa richiesta della suola.

(c) A condizione che i dispositivi e gli strumenti di mediazione o traduzione sensoriale (ad esempio sintesi vocale) siano concretamente idonei al superamento della specifica disabilità sensoriale.

(d) Sono compresi anche gli alunni e gli studenti con diagnosi di DSA in attesa di certificazione.

10 – Con diagnosi di DSA rilasciata da struttura privata redigiamo il PDP

Qui il MIUR mette un punto fermo: Piano Didattico Personalizzato subito con la diagnosi di DSA della struttura privata in mano.

Il punto più rilevante di questa normativa è che permette alle famiglie, rivolgendosi al professionista privato,  di abbattere sia i lunghi tempi di molti enti pubblici, sia i costi elevati di tanti enti accreditati e nel contempo che vi sia garantita una diagnosi rigorosa perché compilata da professionisti che rispettano la Consesus Conference sui DSA.

In questo modo, sia la scuola che la famiglia, può attivarsi tempestivamente per una diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi come previsto dalla legge quadro dei DSA (comma f, art 2, L. 170/10).

Dunque i docenti possono accettare la diagnosi di DSA emessa da strutture private per la piena applicazione della Legge 170/10 e DM 5669 12/7/2011:

“Per quanto riguarda gli alunni in possesso di una diagnosi di DSA rilasciata da una struttura privata, si raccomanda – nelle more del rilascio della certificazione da parte di strutture sanitarie pubbliche o accreditate – di adottare preventivamente le misure previste dalla Legge 170/2010, qualora il Consiglio di classe o il team dei docenti della scuola primaria ravvisino e riscontrino, sulla base di considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente riconducibili al disturbo. Pervengono infatti numerose segnalazioni relative ad alunni (già sottoposti ad accertamenti diagnostici nei primi mesi di scuola) che, riuscendo soltanto verso la fine dell’anno scolastico ad ottenere la certificazione, permangono senza le tutele cui sostanzialmente avrebbero diritto. Si evidenzia pertanto la necessità di superare e risolvere le difficoltà legate ai tempi di rilascio delle certificazioni (in molti casi superiori ai sei mesi) adottando comunque un piano didattico individualizzato e personalizzato nonché tutte le misure che le esigenze educative riscontrate richiedono.”

(Pag. 2 e 3 della CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013).

Sulla base di questi dieci punti, ecco come agire praticamente a scuola con gli studenti con Bisogni Educativi Speciali.

 Schema riassuntivo delle nostre 10 precisazioni caso per caso:

 

Alunni che necessitano di Bisogni Educativi Speciali a scuola sono:  Come lo individuo Cosa faccio Per quanto tempo
Disabilità certificata ai sensi dell’art. 3 c.1 e c.3 della legge 104/1992 Disabilità intellettiva PEI Sempre ma con modifiche annuali.
Disabilità sensoriale e motoria
Altra disabilità
Disturbi evolutivi specifici (con certificazione o con diagnosi) DSALegge 170/2010

 

In attesa di certificazione, va bene diagnosi di specialista privato.

CM n° 8 del 6/3/2013

PDP Sempre ma con modifiche annuali.
Diagnosi di ADHD-Bordeline cognitivi

-Disturbi evolutivi specifici

 

Per “diagnosi” si intende invece un giudizio clinic

o, attestante la presenza di una patologia o di un

disturbo, che può

essere rilasciato da un medico, da uno psicologo o

comunque da uno specialista iscritto negli albi del

le professioni

sanitarie.”

CM n° 8 del 6/3/2013

 

Strategie didattiche non formalizzare 

oppure

 

PDP

(se il CdC lo ritiene opportuno)

 

“Il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione”

(Nota MIUR del 22/11/2013, n°2363)

Circoscritto nell’anno scolastico di riferimento e messo in atto per il tempo strettamente necessario. 

CM n° 8 del 6/3/2013

 

 

 

Svantaggio socio-economico, linguistico e culturale Tali tipologie di BES dovrannoessere individuate sulla base di elementi oggettivi

(come ad es. una segnalazione degli operatori dei  servizi sociali), ovvero di ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche.”

Note La diagnosi di BES non esiste.

Un anno sperimentale: raccontaci la tua opinione

Il MIUR nella Nota del 22/12/2013 ha sottolineato che il corrente anno scolastico sarà utilizzato per sperimentare e monitorare procedure e metodologie relative ai Bisogni Educativi Speciali a scuola.

E’ quindi importante conoscere la tua esperienza e quella dei tuoi colleghi.

Scarica e dai uno sguardo all’allegato proposto, stampalo o inoltralo ad amici e conoscenti per conoscere anche la loro opinione. Ma, sopra ogni cosa, se questo post è ricco di informazioni è anche grazie a chi ha speso il proprio tempo a raccontare la propria esperienza.

Come ti trovi a scuola con la nuova normativa sui BES? Che miglioramenti apporteresti? Cosa va bene o che cosa cambieresti?

http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/glopresti/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qui trovi tutti i link alla normativa citata nel testo:

Legge quadro sui DSA 170/2010

DM 5669 del 12/7/2011

Direttiva BES del 27/12/2012

Circolare MIUR n° 8-561 6/3/2013

Nota MIUR del 22/11/2013

Nota Invalsi per alunni BES

 

 

 

 

 

 


Segnaliamo una guida molto esaustiva  dal titolo “Neuropsicologia di tutti i DSA e Strumenti compensativi consigliati” di Gianluca Lo Presti e Anna Rossi-Caselli

Introduzione
I Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), nelle loro diverse espressioni, possono manifestarsi nell’acquisizione delle abilità linguistiche, nell’apprendimento, nello sviluppo cognitivo.
I disturbi specifici dello sviluppo, dunque riguardano disturbi che coinvolgono il linguaggio (Disturbi Specifici di Linguaggio), la lettura (decodifica e comprensione del testo), la scrittura (ortografia ed espressione del testo) , il calcolo, le tappe motorie (Disturbo di Sviluppo della Coordinazione motoria) le abilità attentive, l’interazione sociale; essi possono manifestarsi isolatamente o, più spesso, in associazione tra loro (vera comorbilità).
L’ I.C.D.-10 (International Classification of Diseases, 10a versione, 2007), dell’ Organizzazione Mondiale della Sanita’), il D.S.M. – IV- TR e il prossimo DSM V (Diagnostic System Manual, dell’Associazione Statunitense degli Psichiatri, APA) ci aiutano a definire questi disturbi. La cosa importante è di far riferimento a dei criteri concordati a livello internazionale.

(segue)


Oltre alla normativa vigente  si possono utilizzare molte tecniche e accorgimenti didattici per l’insegnamento/apprendimento della lingua Inglese nei confronti degli alunni con DSA.

ECCO COSA POSSIAMO FARE OLTRE QUANTO DISPOSTO DALLE  CIRCOLARI:

• usare la lingua straniera in classe (i DSA imparano dall’esperienza).• evitare test essenzialmente grammaticali (se è difficile decodificare e mettere nella corretta sequenza la lingua madre, farlo in lingua straniera può essere insormontabile e l’insuccesso quasi garantito) o, peggio, traduttivi.

•  nei compiti in classe leggere la consegna ad alta voce e verificarne la comprensione.

•  negli esercizi proposti fornire l’esempio oltre alla consegna.

• privilegiare gli approcci in cui la lingua è considerata un metodo di comunicazione (metodo induttivo) e in cui l’orale è importante quanto lo scritto e che la rendono accessibile anche a chi (DSA) ha uno stile di apprendimento molto particolare (prevalentemente visivo).

• usare modalità di insegnamento diversificate.

• seguire un programma in maniera lineare e progressiva evitando accuratamente salti nel livello di difficoltà proposto.

• introdurre un elemento nuovo alla volta.

• valutare sempre il rapporto tra risultato e sforzo richiesto: per es. quando l’ investimento è sproporzionato rispetto a risultati comunque mediocri o non discriminanti ai fini della comunicazione(esempi classici: differenza tra I am going to  e I am –ing   oppure tra  simple past e present perfect).

• attenersi al testo e predisporre esercizi di verifica con il lessico proposto dal testo e non su aree lessicali diverse o mai introdotte prima. • è sempre opportuno fare una simulazione della verifica se possibile.

• depenalizzare l’errore spiegando che fa parte del processo normale di apprendimento (vedere programmazione didattica di inizio anno).

• programmare lezioni di gruppo per la correzione del compito in classe con ricerca della versione corretta avvalendosi del testo di studio, consultando i compagni o, infine, rivolgendosi all’insegnante che si rende disponibile muovendosi tra i banchi (sono i principi del cooperative learning).

• aiutare gli studenti a valutare i propri errori mostrando come spesso hanno ripetuto lo stesso errore (è utile che contino le volte: p. es. l’articolo o il do/does) e come sarà  facile aumentare il voto correggendo già solo quello.

• far ripetere oralmente (a coppie) la correzione dell’errore ripetuto più volte in una verifica, con la relativa spiegazione (cooperative learning).

• accontentarsi di risultati parziali confidando in un apprendimento per accumulazione nel tempo (grazie all’ampliamento del contesto che rende chiara la funzione delle singole parti) anche verso la fine di un ciclo.

•  permettere agli studenti di ripetere la stessa verifica quando sente di avere superato gli ostacoli iniziali o comunque dargli atto che li ha superati.

Inoltre è consigliabile nelle lezioni seguire una routine:

•  dare riscontro immediato e regolare al lavoro fatto a casa con correzione in classe.

•  assegnare regolarmente compiti per casa ogni lezione in una quantità gestibile e correggibile (il discente dislessico impiega molto più tempo degli altri a fare gli stessi compiti (per Lorenzo Caligaris, pedagogista all’Ospedale Riguarda di Milano, 5 volte tanto) perciò  beneficia di una riduzione sul carico di lavoro domestico secondo le circolari ministeriali.

•  non dare mai delle acquisizioni passate per scontate (spesso un’acquisizione avviene a scapito di una precedente) ma procedere serenamente alla ripetizione resasi necessaria.

•  programmare frequenti ripetizioni in itinere e in seguito cicliche per moduli (è utile assegnare del tempo – da 1 a 3 minuti – per il rapido ripasso individuale di un elemento grammaticale e/o fraseologico lessicale, chiedendo poi ai discenti di ripeterlo in cooperative learning e poi all’insegnante.

•  usare la stessa terminologia in maniera sistematica (per es. scegliere tra forma base del verbo o infinito)

•  non rilevare gli errori interrompendo durante una prestazione orale.

•  nel commento ad un’interrogazione, identificare gli aspetti positivi prima di quelli negativi dimostrandosi ottimisti quanto alle possibilità di recupero alla fine del modulo di apprendimento.

Fonti: Giacomo Stella, La Dislessia, Il mulino 2004. Giacomo Stella, In classe con un allievo con disordini dell’apprendimento, Fabbri editori, 2001. Chiara Naldini, La dislessia e l’apprendimento dell’italiano come lingua straniera, Masteritals in didattica della lingua italiana a stranieri, Università Ca’ Foscari di Venezia, 2002 Michael Swan.

Fonte post: biancosulnero.blogspot.it


sviluppo fonetico fonologico


Quali informazioni ricavare dal confronto con i clinici e dalla lettura del documento diagnostico di un alunno con disturbo specifico di apprendimento in vista della stesura del PDP?

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Fanno parte dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA): la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia; tali disturbi possono manifestarsi singolarmente (soggetti non gravi) o tutti insieme (soggetti più gravi). Giacomo Stella, Presidente dell’AID, l’Associazione Italiana Dislessia (http://www.dislessia.it), parla della dislessia come di un disturbo specifico di lettura che si manifesta in persone intelligenti le quali trovano difficoltà nell’automatizzare il processo di interpretazione dei segni grafici. Questa difficoltà di decodifica viene fuori con un deficit nella velocità e nell’accuratezza della lettura, che si ripercuote, nella maggioranza dei casi, sulla comprensione del testo scritto. E’ fondamentale sottolineare che la dislessia non è causata da un ritardo mentale di intelligenza né da problemi ambientali e da deficit sensoriali . Il bambino dislessico può leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo impegnando al massimo le sue capacità e le sue energie, poichè non può farlo in maniera automatica. Egli si stanca rapidamente, commette errori, rimane indietro, non impara. Il dottor Lorenzo Saccomanni nel 1999 afferma che il soggetto dislessico possiede <<disturbi dell’attenzione con o senza iperattività che vanno ad avere effetto sia sulla sfera cognitiva e quindi anche e soprattutto sull’apprendimento di determinate abilità linguistiche come quelle di lettura e scrittura, sia sulla sfera comportamentale, impedendo ai bambini che ne soffrono di mantenere alto il loro livello di concentrazione per periodi prolungati. Laddove sia presente anche il deficit di iperattività ne risulta un’ ulteriore impulsività, spesso comportamenti violenti e attenzione estremamente variabile>>. La difficoltà di lettura dei bambini dislessici può essere più o meno grave e spesso è accompagnata da un disturbo nella velocità e nell’accuratezza della scrittura che si manifesta con frequenti errori ortografici (disortografia) e/o con una difficoltà esecutiva del tratto grafico tale da rendere il testo incomprensibile anche agli autori stessi (disgrafia). La dislessia può essere accompagnata anche da disturbi nell’ambito dei numeri e del calcolo (discalculia), che si caratterizza tramite una difficoltà di automatizzazione di semplici calcoli e delle tabelline, nonché nella manipolazione dei numeri e dei segni aritmetici. Solitamente la soluzione dei problemi matematici è buona, ma può essere compromessa dal troppo impegno del bambino che si stanca facilmente nell’elaborazioni di calcolo e nella lettura e scrittura del numero. Le cause dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) sono dovute ad alterazioni di natura neurobiologica, non dipendono assolutamente da problemi psicologici (emotivo-relazionali, familiari,…), da pigrizia o poca motivazione. Tali disturbi sono caratteristiche personali con cui il bambino nasce, si manifestano appena lo stesso bimbo viene esposto all’apprendimento della letto-scrittura e si modificano nel tempo, senza però scomparire mai del tutto, nemmeno in età adulta. Graziano Lacaita, nei suoi Studi sulla dislessia evolutiva (http://eprints.unife.it/annali/lettere/2006vol2/lacaita.pdf), afferma che quando si parla di dislessia, una prima distinzione deve essere fatta tra dislessia evolutiva e dislessia acquisita: la differenza consiste sostanzialmente nella natura del deficit e tale scoperta è stata fatta solamente alla fine del secolo scorso. Se da un lato la dislessia acquisita, così come indica lo stesso aggettivo, sopraggiunge in seguito a traumi o lesioni che vanno a colpire specifiche aree del cervello danneggiandole e quindi impedendone il corretto funzionamento, la dislessia evolutiva, invece, può essere definita come una condizione insita il più delle volte già nel feto, a livello cerebrale, che si manifesta durante l’età evolutiva e precisamente nel momento in cui colui o colei che ne sono affetti, pur avendo un quoziente d’intelligenza nella norma e pur ricevendo i corretti insegnamenti che dovrebbero fargli o farle acquisire le abilità necessarie alla lettura, si dimostra incapace di leggere in maniera esatta e soprattutto consona al suo livello d’istruzione e alla sua età. In maniera più specifica, si potrebbe affermare che nella dislessia acquisita si perde un’abilità in precedenza già appresa, mentre nella dislessia evolutiva non esiste la possibilità di imparare a leggere correttamente a causa della presenza di determinate anomalie delle strutture cerebrali e spesso di alcuni cromosomi, geni e marcatori genetici che condizionano sin dalla nascita la vita del neonato o della neonata, perché portatori dei deficit fonologici, uditivi e di memoria a lungo termine da cui è originato il disturbo del linguaggio. I dati pubblicati dall’International Dyslexia Association (http://www.dyslexia-ca.org/) nel 2000, mettono in evidenza che in tutto il mondo, la percentuale delle persone in cui si manifestano Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) si aggira tra il 5 e il 20%, tra tutte queste persone l’85% è affetto da dislessia, sia essa evolutiva o acquisita. Queste stime fanno comprendere quanto importante e serio sia il problema oggigiorno. In Italia il disturbo della dislessia è poco conosciuto nonostante riguardi almeno 1.500.000 persone, circa il 3-4% della nostra popolazione, mediamente un bambino per classe. E’ quindi un fenomeno di grandi dimensioni che avrebbe bisogno di un’attenzione particolare da parte di tutti i ruoli della nostra società: clinici, psicologi, insegnanti e genitori.

1.2 L’uso dell’informatica come supporto per i DSA

Il principale indicatore di efficacia per avere una diagnosi sui Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) è la precocità dell’intervento, per questo motivo è necessario uno strumento di screening in grado di individuare i casi di sospetto di DSA già durante le prime fasi di apprendimento della letto-scrittura. Lo screening si basa su test informatici che servono per captare le abilità cognitive e per predire le difficoltà di letto-scrittura dei bambini e dei ragazzi, prima che passi troppo tempo e non diventi inefficace intervenire. Questi test sono stati creati inizialmente in Inghilterra per poi essere utilizzati in tutta Europa. CoPs (Cognitive Profiling System), un sistema computerizzato di valutazione psicometrica per bambini in età compresa tra i 4 e gli 8 anni, permette di fare una diagnosi su un disturbo di dislessia, disortografia, disgrafia o discalculia (DSA). CoPs, di proprietà dellaCooperativa Anastasis di Bologna (Centro di Formazione che utilizza le nuove tecnologie a favore delle persone con disabilità o svantaggio), è costituito da test informatici riguardanti le abilità cognitive che possono prevedere il disturbo della dislessia, (inclusa l’abilità fonologica, la memoria di lavoro e la discriminazione uditiva) attraverso una situazione accattivante di gioco. Questi test informatici uniti insieme a strumenti informatici di ausilio per l’apprendimento (software didattico, scanner, sintetizzatore vocale,…), portano i bambini e i ragazzi che soffrono di DSA ad un importante collaborazione tra metodo verbale e tecniche di memorizzazione del canale visivo (Visual Thinking). Il Visual Thinking o pensiero visuale, permette di sviluppare la cognizione visiva e liberare il potenziale creativo attraverso le facoltà inventive, intuitive e di immaginazione. Uno dei maggiori problemi presenti nei soggetti che soffrono di DSA, è la mancanza di autonomia nell’apprendimento, la quale porta i soggetti ad una disistima e ad un insuccesso formativo. Per raggiungere l’autonomia formativa occorrono:

  1. adeguati strumenti compensativi ed ausiliari;
  2. una buona motivazione;
  3. un ambiente favorevole e stimolante.

L’informatica si presta in maniera specifica a supportare tali caratteristiche. Il computer, nel giro di pochi anni è entrato in tutte le realtà produttive e non solo, infatti è possibile trovarlo in ogni ufficio e molto spesso nelle abitazioni private (oltre il 51% delle famiglie possiede un computer). Le principali ragioni che hanno portato il computer ad avere questo enorme successo sono:

  • a) Velocità
  • b) Memoria
  • c) Estetica
  • d) Riproducibilità
  • e) Rielaborabilità
  • f) Reperibilità
  • g) Scambio (altro…)

IPAD, TABLET, ANDROID ELENCO APPLICAZIONI VARIE

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Leggiamo dal sito http://www.solotablet.it/
I tablet si stanno rivelando strumenti utili per affrontare il problma della dislessia, un disturbo (non una malattia) che interessa numerosi bambini. Lo studio della dislessia è stato studiato ed affrontato da molti anni e da molte discipline. Oggi tutti concordano nel ritenere che il problema non è la lettura: il cervello non è stato progettato per leggere!. Se il problema dipende dalle strutture cerebrali e se la componente visiva della lettura è rilevante o uno dei problemi, il tablet e le sue applicazioni possono diventare potenti strumenti di ausilio per affrontare la difficoltà e aiutare i bambini a superarla o a gestirla.

L’arrivo dell’iPad e la pervasività del tablet hanno suggerito nuova creatività a coloro che da sempre si occupano di disturbi alla lettura e all’pprendimento, noti sotto il nome di Dislessia. Le applicazioni sviluppate come ausilio per affrontare la dislessia sono centinaia, a giustificazione anche di una domanda costante e crescente. La dislessia è più diffusa di quanto si possa immaginare e le nuove tecnologie sono diventate un supporto importante per neuro-scienziati, per educatori, per psicologi, per docenti, per genitori e soprattutto per ragazzi con dislessia.

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