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Quali informazioni ricavare dal confronto con i clinici e dalla lettura del documento diagnostico di un alunno con disturbo specifico di apprendimento in vista della stesura del PDP?

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TAB 1


Leggiamo e riportiamo dal portale web biancosulnero.blogspot.it/

Strumenti e materiali per gli alunni con DSA
  • Allegato 1: Consenso per la richiesta di valutazione del proprio figlio all’azienda ospedaliera ASL per sospetto disturbo specifico di apprendimento    download   icona pdf  26 kb
  • Allegato 2: richiesta di valutazione per l’alunno con sospetto disturbo specifico di apprendimento    download  icona pdf 34 kb
  • Allegato 3: valutazione funzionale per disturbo specifico di apprendimento    download   icona pdf  33 kb
  • Esempio di analisi logica con l’evidenziatore di word    download  icona pdf 21 kb
  • Indicazioni per eventuali operazioni di riscrittura di paragrafi e capitoli    download   icona pdf 47 kb
  • Lettura e scrittura: Proposte per una didattica inclusiva di Antonella Olivieri    download  icona pdf 361 kb)
  • Modello del Piano Didattico Personalizzato download    icona word 139 kb    download    icona pdf 182 kb
  • Protocollo di accoglienza per alunni con disturbi specifici di apprendimento    download   icona pdf  70 kb
  • Indicazioni operative per la compilazione del protocolo di accoglienza  download  icona word  34 kb
  • Modello di  relazione finale per alunni DSA  download   icona word  26 kb
  • Modello di relazione finale (superiori) per alunni DSAdownload 
  • Modello di relazione finale (superiori) per alunni DSAdownload 
  • Modello di  relazione finale per alunni DSA  download   icona word
  • Guida per insegnanti a cura di Filippo Barbera  download icona pdf  3  mb

“Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi
speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”

Nel servizio redazionale di Chiara Brescianini  ( Notizie della scuola, 3.4.2013) un approfondimento alla luce della circolare n.  8/2013, con la quale il Miur ha fornito indicazioni operative per la realizzazione di quanto previsto dalla Direttiva 27.12.2012 sugli “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”.

1. La Direttiva MIUR del 27.12.2012 sui BES

In data 17.1.2013, sulla rete intranet è stata resa disponibile la Direttiva MIUR del 27.12.2012 avente ad oggetto “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”.

La Direttiva ricapitola:
 i principi alla base dell’inclusione in Italia;
 il concetto di Bisogni Educativi Speciali approfondendo il tema degli alunni
o con disturbi specifici
o con disturbo dell’attenzione e dell’iperattività
o con funzionamento cognitivo limite;
 le strategie d’intervento per gli alunni con BES;
 la formazione del personale;
 l’organizzazione territoriale per l’ottimale realizzazione dell’inclusione scolastica con particolare riferimento ai Centri Territoriali di supporto ed all’equipe di docenti specializzati, curricolari e di sostegno.

Si rimanda in proposito alla specifica nota redazionale curata dalla scrivente sull’argomento.

2. La Circolare Ministeriale n. 8 prot. 561 del 6 marzo 2013: personalizzazione e Piani di Studio Personalizzati (PDP)
Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con Circolare Ministeriale 6 marzo 2013 n. 8 del Dipartimento dell’Istruzione, a firma Capo Dipartimento Stellacci, ha fornito indicazioni operative per la realizzazione di quanto previsto dalla Direttiva citata.

La personalizzazione dell’apprendimento La C.M. chiarisce e sottolinea che con la Direttiva ministeriale si è aperto un nuovo fronte
relativamente alla piena inclusione di tutti gli alunni con bisogni educativi speciali, poiché richiamando la Legge 53/2003 si estende a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento.Si ricordi che la Legge 53, all’articolo 2 “Sistema educativo di istruzione e formazione”, prevede al comma 1.I che, fra i principi e criteri direttivi del sistema educativo medesimo, i
piani di studio personalizzati, nel rispetto dell’autonomia scolastica, contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale.

Il Decreto Legislativo 59/2004, altresì, all’articolo 3 evidenzia che per conseguire gli obiettivi formativi, i docenti curano la personalizzazione delle attività educative, all’articolo 7 richiamano le istituzioni scolastiche a realizzare la personalizzazione del piano di studio organizzando, nell’ambito del Piano dell’Offerta Formativa, attività facoltative ed opzionali ed all’articolo 11, in relazione alla valutazione, confermano che la stessa è affidata ai docenti responsabili degli insegnamenti e delle attività educative e didattiche previste dai piani di studio personalizzati. Anche i DD.PP.RR. 87,88 e 89 per gli istituti professionali, tecnici ed i licei richiamano la citata personalizzazione dei percorsi.

La C.M. focalizza l’attenzione sull’area del DSA e del disturbo specifico evolutivo e sull’area dello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale.

Chi individua gli studenti con Bisogni Educativi Speciali?La C.M. 8/2013 enuncia come doverosa l’indicazione da parte dei Consigli di classe e dei team dei docenti dei casi in cui si ritenga opportuna e necessaria l’adozione di una personalizzazione della didattica e di eventuali misure compensative e dispensative, nella prospettiva di una presa in carico globale ed inclusiva.
Naturalmente si confermano le procedure di certificazione già in essere per gli studenti con disabilità e con Disturbo Specifico di Apprendimento.I docenti sono chiamati a formalizzare i percorsi personalizzati attraverso delibere di Consigli di classe – team docenti, redigendo il Piano di Studi Personalizzato, firmato dal Dirigente Scolastico (o da docente specificamente delegato), dai docenti e dalla famiglia.

Chi firma il Piano di Studi Personalizzato?
Come sopra indicato il MIUR indica che il PDP debba essere a firma congiunta da parte della scuola (Dirigente Scolastico o docente delegato), docenti e famiglia.Riguardo al coinvolgimento delle famiglie è utile sottolineare, in questa sede, che le stesse sono coinvolte nella firma sia per una piena consapevolezza della personalizzazione del percorso scolastico dei propri figli, sia per una condivisione di strumenti e modalità da utilizzare a scuola per il successo formativo. Non giova agli studenti un’eccessiva interferenza nei contenuti del PDP da parte delle famiglie, né l’esclusione delle stesse dalla conoscenza del piano: come di consueto la linea di demarcazione fra scuola e famiglia è frutto di un equilibrio dettato dal rispetto dalle reciproche competenze nell’ottica della valorizzazione dei ruoli di
ciascuno.

Modelli di piani di studio personalizzati
Il MIUR si impegna a rendere fruibili in rete modelli di PDP, nel solco di quanto numerose Direzioni Generali ed ambiti territoriali hanno già fatto nel corso di questi anni a seguito di quanto previsto dalla Legge 170/2010.In frequenti occasioni di incontro con i docenti emerge, infatti, fortemente l’esigenza di avere modulistica e di poter trovare documentazioni strutturate di PDP elaborati da altri colleghi, fermo restando il diritto alla riservatezza, per poter ottimizzare le esperienze e le “storie” degli alunni e le professionalità dei docenti, consolidate nel tempo.

3. Alunni con DSA e disturbi evolutivi specifici
La C.M. ribadisce con grande chiarezza che, in caso di mancanza di certificazioni cliniche/diagnosi, le delibere di cui sopra debbono essere opportunamente motivate e verbalizzate, al fine di evitare il contenzioso.Evidenzia, inoltre, che per ciò che riguarda gli alunni con Disturbo Specifico di Apprendimento, nelle more del rilascio della certificazione da parte di strutture sanitarie pubbliche o
accreditate, è possibile adottare le misure compensative e dispensative previste dalla Legge 170/2010 e dalle Linee Guida (D.M. 5669/2011), proprio al fine di evitare processi di scolarizzazioni ancor più complessi ed aggravati dal rilascio di diagnosi tardivamente pervenute in sede scolastica.

4. Alunni con svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale
La C.M. sottolinea come l’individuazione a cura dei docenti di BES afferenti l’area dello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale non debba essere fatta con avventatezza e facilità, bensì debba essere correlata ad elementi oggettivi (es. segnalazione dei servizi sociali) o da ben fondate considerazioni psicopedagogiche o didattiche, come sopra indicato da deliberare e formalizzare con verbalizzazione.Inoltre, in tali situazioni è bene considerare l’adozione di PDP e di percorsi personalizzati come soluzioni temporanee, da rivalutare, in esito all’adozione di strumenti volti a valutarne l’efficacia, l’eventuale variazione degli stessi o la possibilità di superarli.Il richiamo ministeriale si pone in linea con l’idea evolutiva dello sviluppo delle persone, in un’ottica di funzionamento e di progresso funzionale, già nota nell’area della disabilità e contenuta come principio chiave sin dalla Legge 104/92. In considerazione dell’età evolutiva degli alunni, l’adozione di strategie didattiche e di strumenti di dispensa o compensazione deve sempre essere connotata, qualsiasi sia la gravità delle situazioni affrontate, da un pensiero dinamico e progettuale volto alla prognosi e non staticamente incentrato sulla “diagnosi” o l’individuazione delle difficoltà.Ancora la C.M. risponde con chiarezza ai quesiti immediatamente posti dalle scuole non appena emanata la Direttiva, ossia che la dispensa dalle prove scritte di lingua straniera è applicabile esclusivamente in presenza di un disturbo clinicamente diagnosticato, in riferimento alle Linee Guida per il DSA. Il MIUR si riserva di fornire indicazioni aggiuntive ed integrative, relativamente allo svolgimento degli esami di Stato o per le rilevazioni annuali degli apprendimenti.

Una precisazione per le lingue straniere per gli alunni con DSA
La C.M. sottintende, senza neanche considerarlo come opzione possibile, l’impossibilità di esonerare gli alunni con svantaggio dalla lingua straniera, condizione che si pone, anche nell’area del DSA, come residuale e vincolata, in tale situazione, all’esistenza di specifiche condizioni di richiesta (ambito sanitario, ambito famigliare e ambito scolastico) ed in eventuale comorbilità con altre situazioni cliniche. Giova citare testualmente che l’esonero per gli studenti con DSA dalla lingua straniera, indicato all’art. 6, comma 6 delle Linee guida per gli studenti con DSA, è previsto solo in casi di particolari gravità del disturbo di apprendimento, anche in
comorbilità con altri disturbi o patologie, risultanti dal certificato diagnostico. In detto caso si sviluppa un piano didattico differenziato che, in sede di esame, comporta la valutazione da parte del consiglio di classe con l’attribuzione di voti e di un credito scolastico relativi unicamente allo svolgimento di tale piano. In sede di esame possono sostenere prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, finalizzate solo al rilascio dell’attestazione di cui all’art. 13 del D.P.R. n.323/1998, ossia senza il conseguimento del Diploma.

5. Azioni a livello di singola istituzione scolastica e azioni a livello territoriale
Azioni delle scuole autonome – Piano per l’Inclusività

Ciascuna scuola autonoma è chiamata ad ampliare il già previsto1 gruppo di lavoro handicap d’istituto (GLHI), dedicato alle azioni per l’inclusione degli alunni disabili, alle tematiche dei BES, integrandone opportunamente la composizione del gruppo e rinominandolo GLI (Gruppo per l’inclusione). La C.M. suggerisce in dettaglio le modalità di funzionamento dei GLI, auspicandone ritrovo a cadenza mensile, nonché fornendo indicazioni per lo svolgimento in orario o fuori orario di servizio dei docenti.Sono elencati e proposti alcuni compiti da attribuire ai GLI fra cui spiccano la necessità quantitativa di rilevare i BES a livello di scuola e qualitativa di raccogliere e documentare le buone pratiche di inclusione, di confrontarsi sui casi che possono confluire in un “Piano Annuale per l’Inclusività” da redigere a chiusura dell’anno scolastico (giugno).Se le scuole interpreteranno in termini amministrativo-burocratici la sollecitazione ministeriale di formalizzare quanto viene svolto nella quotidianità per l’inclusione, si rischia di perdere un’occasione per riordinare il “tanto” che ogni giorno viene svolto a scuola e per rilanciare il tema dei descrittori qualitativi per l’inclusione.

Al Piano Annuale per l’inclusività, da inviare alle Direzioni Regionali ed ai Gruppi di Lavoro interistituzionali provinciali e regionali (GLIP – ex Legge 104/92 – e GLIR –2) viene altresì assegnato un valore fattivo per l’individuazione dei fabbisogni in termini di risorse di organico, poiché le stesse sono attribuite globalmente alle singole scuole. Il Dirigente Scolastico sulla base delle effettive assegnazioni di organico ripartisce definitivamente le risorse, in termini “funzionali”.

A tutt’oggi le scuole autonome in sede di richieste di organico di diritto e di fatto sono da anni chiamate ad accompagnare i dati quantitativi – richiesti con differenti modalità da regione a regione- con argomentazioni di carattere qualitativo, tramite relazioni descrittive/illustrative che ora saranno comprese ed ampliate all’interno del Piano Annuale per l’Inclusività.

Azioni delle scuole autonome – Piano dell’Offerta Formativa
La C.M. ricorda che nel Piano dell’Offerta Formativa di ciascuna scuola devono trovare esplicitazione l’impegno concreto verso l’inclusione, per l’utilizzo “funzionale” delle risorse di personale assegnate e per il rispetto dei piani educativi concordati.Si noti che già da oltre un decennio la maggior parte delle scuole ha ben delineato all’interno del POF la propria carta d’intenti sul tema dell’integrazione, ma il MIUR puntualizza che non è sufficiente una dichiarazione generica, ma occorre sviluppare le modalità con le quali si concretizza l’inclusione nelle scuole.Questa sollecitazione potrebbe essere raccolta non positivamente dalle istituzioni scolastiche, che si muovono già in un’ottica di piena integrazione scolastica degli alunni disabili. La novità, però, è il richiamo all’inclusione complessiva di tutti gli alunni con BES, attraverso una maggiore descrittività delle azioni da porre in essere e, non ultimo, il richiamo che l’amministrazione fa a TUTTE le scuole dell’Italia, numerose e diverse nei comportamenti.

Le azioni a livello territoriale
La C.M. richiama, in linea con la Direttiva sui BES, il ruolo fondamentale dei Centri Territoriali di Supporto e sottolinea la necessità, per una piena inclusione, di attivare reti fra scuole e fra scuole e servizi, avvalendosi di strumenti formali (accordi, intese, protocolli…), volti ad integrare i “servizi”.

Innovativo risulta il paragrafo relativo ai CTI (Centri Territoriali per l’inclusione) che debbono assorbire le varie configurazioni presenti a livello di singole realtà territoriali (CDH, Centri risorse, etc..). La prefigurazione della nascita dei CTI viene collegata a quanto previsto dal D.L. n. 5/2012 all’articolo 50 in tema di “organico funzionale” delle istituzioni scolastiche (comma b), reti per la gestione delle risorse umane, strumentali e finanziarie (comma c), organico di rete per i bisogni educativi speciali, la dispersione, il contrasto all’insuccesso formativo, il bullismo (comma d), da assegnarsi con carattere triennale per i commi b) e d).Si precisano poi le caratteristiche generali dei docenti che operano nei CTS o nei CTI, con particolare riferimento a comprovate esperienze e specializzazioni (ad es. master, incarichi all’interno del progetto Nuove Tecnologie e Disabilità) e si indica sin da subito la possibilità di
segnalarsi presso gli Uffici Scolastici Regionali per candidarsi presentarsi come possibile sede di CTI.

Questo richiamo immediato e diretto rivolte alle scuole per l’opportunità di gestire un CTI è sicuramente da calibrare con le opportune indicazioni operative che ciascuna Direzione Generale fornirà al fine di evitare disillusioni e dispendio di energie.

6. Il grado di inclusività della scuola
Volutamente, nell’illustrare i temi chiave della C.M. 8/2013, si è mantenuto in chiusura il tema della “misura” del grado di inclusività della scuola, poiché l’Italia più che mai necessita di dati quali/quantitativi atti a verificare l’effettiva ricaduta dell’inclusione per i soggetti direttamente interessati e per la comunità circostante, al fine di poter effettivamente sostenere, anche in sede di dibattito europeo, la positività della scelta italiana di inclusione totale, non così diffusa né presente negli altri paesi comunitari ed extra-comunitari. Nei primi anni 2000 l’attenzione ed il dibattito sul tema era particolarmente vivace, poi, altre sono diventate le priorità del momento.Il MIUR, segnatamente, evidenzia la necessità di procedere a rilevare, monitorare e valutare il grado di inclusività delle scuole in relazione alla “qualità” dei risultati educativi di tutti gli studenti. Suggerisce al riguardo di attingere, fra l’altro, all’Index per l’inclusione, di matrice anglosassone, ora tradotto in Italia, che consente sia comparazioni con la Gran Bretagna sia di raccogliere ed adattare indicatori e strumenti per misurare il grado di inclusione; al progetto Quadis sviluppato dall’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, che si propone come strumento di autoanalisi/autovalutazione rivolto alla singola istituzione scolastica ed ha come
oggetto la qualità dell’integrazione delle alunne e degli alunni con disabilità (http://www.quadis.it/jm/index.php).Ciascuna scuola, poi, all’interno dei tanti progetti di certificazione di qualità, che sono in essere in Italia, potrà declinare ed enucleare specifici descrittori ed indicatori per la qualità dell’inclusione. Inoltre, in rete, sono reperibili e disponibili numerose sperimentazioni di scuole
ed enti dedicate al tema del miglioramento della qualità dell’integrazione e dell’inclusione, da cui è possibile prendere spunto per formulare un proprio modello. Correttamente il MIUR declina con particolare cura questo tema all’interno dei compiti prioritari per le scuole, in modo da non “calare dall’alto” un modello di valutazione del grado di inclusività delle istituzioni scolastiche. È auspicabile, però, che nel tempo le sperimentazioni delle scuole sul tema confluiscano in punti chiave sul tema dell’inclusione condivisi in tutto il territorio nazionale.

7. Alcune sottolineature sui prossimi passi
La Direttiva del 27.12.2012 e la C.M. 8 marzo 2013 hanno sicuramente riacceso l’attenzione sul tema dell’inclusione e dei Bisogni Educativi Speciali, forse un po’ affievolita dai tanti affanni della scuola e, talora, diventata routinaria consuetudine didattica.
Sono sicuramente da evidenziare:il passaggio dal concetto di integrazione a quello di inclusione, cui tanta letteratura ci riporta;
l’idea di eterogeneità come chiave interpretativa degli studenti di oggi;
un forte richiamo alla comunità europea, in termini, ma non solo, di comparabilità di sistemi, di leggibilità dei diversi itinerari e di rilevazione del grado e della qualità dei percorsi di inclusione;
l’invito alle scuole di formalizzare quanto ogni giorno, con fatica, mettono a punto per i propri studenti con BES, sia in termini di azioni didattiche, sia in termini di percorsi innovativi e sperimentali, sia per evitare, come chiaramente esplicitato in taluni punti, il contenzioso, ma anche per creare documentazione, memoria di quanto è stato svolto, di come sono stati realizzati i percorsi e di quali strategie e modalità si sono adottate, in chiave di trasparenza di sistema e di accountability del proprio operato.

Le scuole chiedono, a questo punto dell’anno, come comportarsi ed in questo senso i Dirigenti Scolastici sono sollecitati a mettere in atto le azioni di informazione dei Collegi dei Docenti in merito alla Direttiva ed alla Circolare Ministeriale ed ad avviare le azioni strategiche per l’inclusione sopra richiamate, ad esempio ridefinendo la composizione dei Gruppi di Istituto, sin dall’anno scolastico corrente, laddove possibile, certamente dall’anno scolastico 2013/2014, sia avviando la costruzione dei Piani per l’Inclusione.Non mancano le complessità e le tante sfaccettature che l’interpretazione sia della Direttiva sia della Circolare in taluni aspetti accompagneranno le scuole nella pratica concretizzazione di quanto viene indicato. La scuola sottolinea le proprie esigenze prioritarie: le risorse di organico, una cultura diffusa dell’inclusione (che superi l’idea della specializzazione settoriale del sostegno), l’individuazione dei BES, il rapporto delicato con le famiglie. Il MIUR ha rilanciato con energia il valore aggiunto dell’inlusione, facendo qualche cauta apertura in termini di utilizzo funzionale e strategico delle risorse di organico. Saranno necessarie
precisazioni e chiarimenti, ma una nuova sfida per l’inclusione si è aperta, sulla scia delle migliori tradizioni italiane.

1 Ai sensi dell’art. 15 Legge 104/1992
2 In riferimento alle Linee Guida ministeriali del 4-8-2009 sull’integrazione scolastica.

Fonte – http://www.gildanapoli.it/gildanews/2013/06_04/bes.pdf


download (2)

Sono online i pdf degli interventi del II Convegno Integrazione e Inclusione tenutosi a Bolzano il 12 e 13 Aprile scorso. Per visualizzarli è sufficiente cliccare sull’icona PDF accanto ad ogni intervento.

Ne mancano circa 7-8 che stiamo raccogliendo in queste ore, appena le riceviamo le pubblicheremo immediatamente.
http://convegnoinclusione.wix.com/2013#!programma/cj5l


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PATTO PER L’INNOVAZIONE NELL’ECONOMIA SOCIALE

Un’esperienza di valutazione nei servizi della Casa Famiglia “Sole Donna” di Cerignola (Fg)

 Timperio Luana

Consulente socio-pedagogica della Procura della Repubblica di Foggia – Area minori e adulti

In questa giornata tratterò il tema dei sistemi usati per la valutazione dei progetti stilati e realizzati per i soggetti inseriti nelle comunità terapeutiche o di recupero.

Andando nel dettaglio mi occupo di una Casa Famiglia per donne e bambini vittime di violenza nella quale adottiamo come sistema di progettazione e valutazione l’ICF: Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute.

Lo scopo generale della classificazione ICF è quello di fornire un linguaggio standard e unificato che serva da modello per la descrizione della salute e degli stati ad essa correlati. Essa definisce le componenti della salute e alcune componenti ad essa correlate (come l’istruzione e il lavoro). I domini contenuti nell’ICF – un dominio è un insieme pratico e significativo di funzioni fisiologiche, strutture anatomiche, azioni, compiti, o aree di vita correlate- possono, perciò, essere visti come domini della salute e domini ad essa correlati. Questi domini sono descritti dal punto di vista corporeo, individuale e sociale in due elenchi principali:

1. Funzioni e Strutture Corporee

2. Attività e Partecipazione.

In quanto classificazione, l’ICF raggruppa in maniera sistematica diversi domini di una persona in una data condizione di salute ( ad es. quello che una persona con una malattia o un disturbo fa o può fare).

Funzionamento, comprende tutte le funzioni corporee, le attività e la partecipazione; allo stesso modo disabilità include menomazioni, limitazioni dell’attività o restrizioni della partecipazione. L’ICF elenca anche i fattori ambientali che interagiscono con tutti questi costrutti. In questo modo esso permette, nel nostro caso all’educatore, di registrare degli ultimi profili del funzionamento, della disabilità e della salute dell’individuo in vari domini.

Attività, comprende l’esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo, mentre la Partecipazione è il coinvolgimento in una situazione di vita.

I domini per la componente Attività e Partecipazione sono presenti in un unico elenco che copre l’intera gamma delle aree di vita ( dall’ “apprendimento basilare” o “guardare” a aree composte come le “interazioni interpersonali” o il “lavoro”).

I domini di questa componente sono indicati dai qualificatori performance e capacità.

Il qualificatore Performance descrive ciò che un individuo fa nel suo ambiente attuale. Dato che l’ambiente attuale implica un contesto sociale, la performance può anche venire considerata come “coinvolgimento in una situazione di vita” delle persone nel contesto reale in cui vivono.

Il qualificatore capacità descrive l’abilità di un individuo di eseguire un compito o un’azione. Questo costrutto ha lo scopo di indicare il più alto livello probabile di funzionamento che una persona può raggiungere in un dato dominio, in uno specifico momento.

Per valutare l’abilità complessiva dell’individuo, sarebbe necessario utilizzare un ambiente “standardizzato”, in modo da neutralizzare l’impatto della variabilità dei diversi ambienti sull’abilità dell’individuo.

Nella nostra Casa Famiglia l’ICF viene usato compatibilmente al DSM IV, ossia il manuale che classifica i disturbi psichici mentali; l’ICF rispetto al DSM IV è una classificazione delle “componenti della salute”, che identificano gli elementi costitutivi della salute.

 1. Scopi dell’ICF

L’ICF è una classificazione che ha diversi scopi e può essere utilizzata in discipline e settori diversi.

I suoi scopi principali possono essere così sintetizzati:

  • Fornire una base scientifica per la comprensione e lo studio della salute, delle condizioni, conseguenze e cause determinanti ad essa correlate;
  • Stabilire un linguaggio comune per la descrizione della salute e delle condizioni ad essa correlate allo scopo di migliorare la comunicazione fra diversi utilizzatori, tra cui gli operatori sanitari, gli esponenti politici, la popolazione, incluse le persone con disabilità;
  • Rendere possibile il confronto fra dati raccolti in Paesi, discipline sanitarie, servizi e in periodi diversi;
  • Fornire uno schema di codifica sistematico per i sistemi informativi sanitari.

2. Applicazione dell’ICF nella Casa Famiglia

Nella nostra comunità l’ICF viene utilizzato per progettare il percorso psico-educativo che ogni ragazza seguirà in un periodo di tempo prestabilito e determinato. L’equipe stabilisce un obiettivo semestrale da raggiungere, suddiviso in micro obiettivi mensili che a loro volta sono suddivisi in sotto obiettivi settimanali. La stessa equipe settimanalmente monitora il raggiungimento dei sotto obiettivi settimanali attraverso un sistema di valutazione a scala numerica da 1 a10 giornaliera, ossia fornisce ogni giorno una valutazione numerica alle singole attività svolte dalle ragazze.

La valutazione mensile degli obiettivi raggiunti permette di procedere nel percorso progettuale passando  all’obiettivo successivo, mentre se ciò non avviene, si persegue fino al raggiungimento dell’obiettivo non conseguito, cambiando gli strumenti e i metodi.

 Visione dell’insieme dell’ICF

 

Funzionamento e disabilità Fattori contestuali
Componenti Funzioni e strutture corporee Attività e Partecipazione Fattori Ambientali Fattori Personali
Domini Funzioni corporeeStrutture corporee Aree di vita(compiti, azioni) Influenze esterne su funzionamento e disabilità Influenze interne su funzionamento e disabilità
Costrutti Cambiamento nelle funzioni corporee(fisiologico)Cambiamento nelle strutture corporee (anatomico) CapacitàEseguire compiti in un ambiente standardPerformance eseguire compiti nell’ambiente attuale Impatto facilitante o ostacolante delle caratteristiche del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti Impatto delle caratteristiche della persona
Aspetto positivoFunzionamento Integrità funzionale e strutturale Attività Partecipazione Facilitatori Non applicabile
Aspetto negativoDisabilità Menomazione Limitazione dell’attivitàRestrizione della partecipazione Barriere/ostacoli Non applicabile

3. I Fattori Contestuali

La seconda parte dell’ICF è rappresentata dai Fattori contestuali. I fattori contestuali comprendono l’intero background della vita e della condizione dell’esistenza di un individuo. Essi includono due componenti:

   Fattori Ambientali                                                     

Fattori Personali

  • I fattori Ambientali comprendono l’ambiente fisico, sociale e degli atteggiamenti in cui le persone vivono e conducono la loro esistenza. Questi fattori sono esterni agli individui e possono avere un’influenza positiva e negativa sulla partecipazione dell’individuo come membro della società, sulla capacità dell’individuo di eseguire azioni o compiti, o sul suo funzionamento o sulla struttura del corpo.
  • I fattori ambientali sono organizzati nella classificazione in due differenti livelli:
  • Individuale: l’ambiente personale dell’individuo, inclusi – ma non solo – la casa, il luogo di lavoro e la scuola. Questo livello comprende le caratteristiche fisiche e materiali dell’ambiente in cui l’individuo si trova e in cui ha un contatto diretto con le altre persone, quali i familiari, i conoscenti, i compagni e gli estranei.
  • Sociale: le strutture sociali formali e informali, i servizi e le principali interazioni nella comunità o nella società che hanno un impatto sugli individui. Questo livello include organizzazioni e servizi correlati all’ambiente di lavoro, attività della comunità, servizi statali,servizi di comunicazione e trasporto, reti sociali informali e leggi, regolamenti, atteggiamenti e ideologie.
  • I fattori personali: sono il background personale della vita e dell’esistenza di un individuo, e rappresentano quelle caratteristiche dell’individuo che non fanno parte della condizione di salute o degli stati di salute. Questi fattori comprendono il sesso, la razza, l’età, altre condizioni di salute, la forma fisica, lo stile di vita, le abitudini, l’educazione ricevuta, la capacità di adattamento l’istruzione, modelli di comportamento generali e stili caratteriali, che possono giocare un certo ruolo nella disabilità a qualsiasi livello.

 Un’esperienza in Casa Famiglia

Nella nostra comunità, l’equipe ha lavorato solo su una parte dell’ICF, prendendo in considerazione l’attività e la partecipazione con i qualificatori ad essi correlati e i fattori personali.

Una ragazza di diciassette anni, proveniente da madre e padre alcolizzati, è stata inserita nella nostra casa famiglia in quanto la sua precarietà coinvolgeva, oltre alla sua, una piccola vita di dieci mesi.

La ragazza era totalmente chiusa in sé stessa, incapace di esprimere le sue emozioni, inconsapevole del problema che la sua famiglia viveva in quanto abituata, sin da piccola, alla violenza verbale, fisica e inoltre ad un pessimo stato igienico. La ragazza viveva con il suo bambino un attaccamento di tipo ansioso ambivalente, si prendeva cura di lui solo nel momento in cui lei aveva bisogno di tale affetto, manifestandolo, però, con atteggiamenti aggressivi e non verbali.

Dopo un periodo di osservazione della durata di un mese, l’equipe comincia a lavorare su una ipotesi progettuale al fine di far intraprendere alla ragazza con il suo bambino un percorso psico-rieducativo basato sul raggiungimento di obiettivi a cadenza mensile.

Gli obiettivi sono stati dedotti partendo dalla Checklist per la Classificazione Internazionale della Disabilità e della Salute( ICF), appositamente codificata tenendo conto del profilo di funzionamento della ragazza.

Il progetto è stato suddiviso in quattro macro aree che corrispondono ai quattro domini nei quali la ragazza manifesta maggiore difficoltà. Le quattro aree, nella quali la persona in esame manifesta maggiori difficoltà, corrispondono ai domini della Comunicazione, Interazione e Relazione interpersonale, Cura della propria persona, Vita domestica.

Ogni dominio è formato da più categorie; l’equipe ha esaminato ognuna di queste classi, riscontrando come la ragazza presenti difficoltà, di differente entità, nelle singole categorie.

Inoltre per ogni singola categoria ci sono precisi obiettivi, il cui raggiungimento sarà sottoposto a valutazione mensile.

1. Nel dominio della Comunicazione, le categorie in cui ci sono maggiori difficoltà sono:

  • Comunicazione con – ricevere – messaggi verbali;
  • Parlare;

2. Nel dominio della Interazione e Relazione Interpersonale, le categorie che si andranno a curare sono:

  • Interazioni personali semplici;
  • Entrare in relazione con gli estranei;
  • Relazioni familiari (nello specifico riguarderà solo la madre con il figlio);

3. Nel dominio della Cura della propria persona, le categorie che si prendono in considerazione sono:

  • Lavarsi;
  • Prendersi cura delle singole parti del corpo;
  • Mangiare;
  • Bere;

Si prenderà  in considerazione il dominio delle Interazioni e Relazioni Interpersonali. Tale dominio è stato suddiviso in tre micro-aree: Interazioni interpersonali semplici, Relazione con gli estranei; relazioni familiari. Si presentano tre micro progetti differenti che saranno curati da diverse figure professionali.

 Strumenti

È quello del lavoro di gruppo, inteso come singole sedute alle quali parteciperanno tutte le donne ospiti della casa famiglia; in ogni singola seduta si tratterà uno specifico argomento attinente ai problemi personali di ogni utente, allo scopo di permettere loro l’acquisizione e l’arricchimento di strumenti utili alla risoluzione del problema nella vita futura.

   Obiettivi generali

  1. Rispetto e cordialità nelle relazioni;
  2. Apprezzamento nelle relazioni;
  3. Tolleranza nelle relazioni;
  4. Critiche nelle relazioni;
  5. Contatto fisico nelle relazioni;

Obiettivi specifici

Ad ogni obiettivo generale corrisponde uno specifico.

  1. Mostrare e rispondere agli altri in modo appropriato;
  2. Mostrare e rispondere a soddisfazione e gratitudine, in modo socialmente e contestualmente appropriato;
  3. Mostrare e rispondere a comprensione e accettazione del comportamento;
  4. Fornire e rispondere a differenza di opinioni o disaccordi impliciti e espliciti;
  5. Usare e rispondere al contatto fisico con gli altri.

 La valutazione degli obiettivi verrà monitorata tramite un osservazione accurata e partecipata tesa a valutare l’acquisizione di determinate capacità, che permettono alla ragazza di interagire, con se stessa e con gli altri, capacità precedentemente assente.

Ogni strumento scientifico può essere usato male o abusato. Sarebbe ingenuo pensare che un sistema di classificazione come l’ICF non verrà mai impiegato in maniera nociva per le persone.

Elencherò delle indicazioni per diminuire il rischio che l’ICF possa essere usato in maniera irrispettosa e dannosa per le persone.

Rispetto e riservatezza

  1. L’ICF dovrebbe essere utilizzato nel rispetto del valore intrinseco e dell’autonomia degli individui.
  2. L’ICF non dovrebbe mai essere usato per etichettare o catalogare le persone o identificarle esclusivamente nei termini di una o più categorie di disabilità.
  3. in contesti clinici, l’ICF dovrebbe essere sempre utilizzato con la piena consapevolezza, collaborazione e consenso delle persone delle quali verranno classificati i livelli di funzionamento. Se limitazioni delle capacità cognitive dell’individuo impediscono questo coinvolgimento, il tutore della persona dovrebbe prendervi parte attiva.
  4. le informazioni codificate tramite ICF devono essere considerate come informazioni personali e soggette alle riconosciute regole di riservatezza relative all’uso che si intende farne.
  5. Le informazioni dell’ICF dovrebbero essere usate, nel modo più ampio possibile, con la collaborazione degli individui per aumentare la loro possibilità di scelta e di controllo sulle loro vite.
  6. le informazioni dell’ICF dovrebbero essere usate nella prospettiva dello sviluppo di un cambiamento politico e sociale che si proponga di favorire e di sostenere la partecipazione degli individui.

L’impiego dell’ICF dipenderà in larga misura dalla sua utilità pratica, cioè dal grado in cui può funzionare come misura della prestazione dei servizi sanitari mediante indicatori basati sui risultati a livello del consumatore, e da quanto può essere applicato transculturalmente in modo da permettere confronti internazionali in vista dell’identificazione dei bisogni e delle risorse per la progettazione e la ricerca. L’ICF non è di per sé uno strumento politico. Il suo impiego può comunque contribuire a dare un impulso alle decisioni politiche, fornendo informazioni che aiutino a stabilire le politiche sanitarie, promuovere pari opportunità per tutti e sostenere la battaglia contro la discriminazione basata sulle disabilità.

 


 Formazione ICF 

Paideia ICF Lecco

Il gruppo di lavoro della  scuola Potenziata “A. Stoppani” di Lecco e le componenti docenti dell’istituto comprensivo “Lecco 3” dedicati ai processi d’inclusione ed integrazione  inizieranno nel corso del mese di Marzo ha inaugurato una serie di iniziative dedicate all’ICF in vista di attività specifiche di autoformazione, aggiornamento e sperimentazione riguardo la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF).

Nello specifico le attività riguarderanno:

  • Il significato dell’I.C.F – Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute
  • Il “linguaggio ICF”  e gli  strumenti di analisi e di programmazione dell’intervento di inclusione.
  • ICF e scheda di segnalazione, verbale di accertamento, diagnosi funzionale, profilo dinamico funzionale, piano educativo individualizzato
  • ICF,  indicazioni operative e  relativi modelli di rilevazione e gestione dei processi d’inclusione;

ICF

Adottiamo le categorie previste dall’I.C.F. come linguaggio comune e condiviso nella consapevolezza di qualificare e migliorare il processo inclusivo del nostro istituto.

La classificazione ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità permette di comprendere, studiare e promuovere lo stato di salute delle persone, superando le gabbie dei modelli un tempo utilizzati per definire la disabilità e l’handicap.

La classificazione è uno strumento prezioso per sostenere:

  • Il funzionamento di funzioni e strutture corporee personali anche menomate.
  • L’attività e la partecipazione in ogni ambito di vita sociale per contrastare limitazioni e restrizioni e affermare le migliori capacità e prestazioni possibili.
  • Facilitazioni ambientali da contrapporre ad ostacoli e barriere fisiche e sociali.

L’ICF è inoltre il completamento della classificazione diagnostica di malattie, disturbi e altre condizioni di salute (ICD-10 – The International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems, tenth revision) già utilizzata per valutare tutti i minori d.a.

L’ICF facilita la distinzione tra soggetti in situazione di disabilità e soggetti con esigenze educative speciali  individuando tra i beneficiari degli interventi per l’integrazione scolastica sia gli alunni con disabilità sia quelli con esigenze educative speciali.

L’utilizzo dell’ICF aiuta i soggetti coinvolti nella definizione del profilo di funzionamento della persona, garantendo l’appropriatezza dell’intervento e facilitando la definizione di un progetto individualizzato.

  • Per approfondire l’argomento clicca sull’immagine.


Progettare l’integrazione

Strumenti, procedure e modelli operativi

Scuola dell’Infanzia

Progettare l’integrazione Strumenti, procedure e modelli operativi Scuola dell’Infanzia

Questo fascicolo vuole essere un quaderno di lavoro con il quale i docenti possono prendere atto del percorso di integrazione degli alunni con disabilità e dei relativi strumenti di analisi, programmazione e documentazione.
Il testo inizia con la presentazione delle caratteristiche della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF), poiché, nei diversi strumenti, sono state adottate le categorie previste dall’I.C.F. come linguaggio comune e condiviso.
Successivamente, i contenuti sono organizzati in due parti. In ciascuna sono esposti in sequenza:

1. i materiali estratti dall’Accordo di Programma del 2077 con le modifiche apportate nel 2010, che descrivono il percorso di
integrazione, gli strumenti previsti e le procedure di utilizzo. [Parte A]

2. un esempio di utilizzo degli strumenti di progettazione/documentazione – Verbale di accertamento, Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico Funzionale e Piano Educativo Individualizzato – del percorso di integrazione scolastica e sociale delle persone con disabilità. L’esempio è stato prodotto da un gruppo di docenti, da operatori dei servizi psico-socio-sanitari, da addetti
all’assistenza e da alcuni genitori. Il gruppo, simulando l’operato di un Gruppo Interprofessionale Operativo (GIO), ha preso in visione il Verbale di Accertamento e la Diagnosi Funzionale e ha prodotto il Profilo Dinamico Funzionale e il Piano Educativo Individualizzato. [Parte B]

In allegato è disponibile:

il modulo della Scheda di Segnalazione e il glossario delle categorie I.C.F. prodotto da un gruppo di insegnanti della Scuola dell’Infanzia
In questa sezione, viene presentata una tabella con le categorie dell’ICF selezionate per la produzione della Scheda di Segnalazione e il numero della pagina in cui sono contenuti i risultati dello studio fatto dai docenti. Per ogni categoria si riportano l’Area, il Capitolo e la
Definizione operativa, così come espressi nell’ICF. Il lavoro dei docenti è documentato dalla parafrasi della definizione operativa e
da un elenco di comportamenti osservabili in ambito scolastico, riferiti al grado scolastico frequentato dal bambino/a


L’elemento discriminatore nella valutazione del funzionamento è  l’attività, che nasce dall’interazione fra le funzioni e le strutture corporee e  consiste nella capacità di eseguire compiti o azioni (performance). Tale  capacità determina il livello di partecipazione e di coinvolgimento del  soggetto alla vita sociale. L’attività non è determinata esclusivamente dalle  funzioni e strutture corporee, ma anche dall’interazione di queste con  fattori ambientali (fisici, sociali e culturali) e con fattori personali (portati  psicologici) che mediano fra il soggetto con le sue capacità funzionali e il  contesto in cui avviene la partecipazione.

La centralità dell’ICF assegnata ai fattori ambientali e ai fattori  personali ha determinato la necessità di distinguere fra capacità e
performance. La capacità è la possibilità del soggetto di svolgere  determinati compiti in un ambiente neutro, mentre la performance è la  capacità del soggetto di svolgere quei compiti in un contesto concreto che  lo può aiutare (mediante facilitatori) o ostacolare (opponendo barriere). In  altre parole, la capacità, inserendosi in un contesto specifico, diviene  performance, una performance che può essere costituita da un  comportamento maggiormente funzionale, se sostenuta da facilitatori, o in  un comportamento meno funzionale, se ostacolato da barriere.

I concetti di facilitatori e di barriere costituiscono un importante momento descrittivo della relazione fra persona con disabilità e ambiente, e nella fattispecie fra alunno con disabilità e scuola. In questi termini, l’ICF diviene uno strumento capace di agire per
individuare gli elementi che migliorano le prestazioni scolastiche,  relazionali e individuali, proprio sulla base della predisposizione della  scuola di opportuni facilitatori e della rimozione di barriere invalidanti. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per l’Istruzione  Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione

L’ICF e la scuola

L’ICF può quindi rappresentare un modello culturale e concettuale  capace di analizzare i vari aspetti del contesto che determinano il grado di  inclusione dell’alunno.  L’obiettivo principale del progetto in questione è pertanto quello di  individuare, cercando di superare le difficoltà inerenti la complessità del  modello ICF, le modalità di applicazione dello stesso nelle istituzioni  scolastiche, con particolare riguardo all’analisi dei fattori contestuali, agli  elementi determinanti la partecipazione nel contesto scolastico, ai 
facilitatori e alle barriere che determinano le performance degli alunni con  disabilità. 

  • Leggi – PROGETTO ICF – Dal modello ICF dell’OMS alla progettazione per l’inclusione