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Proponiamo una serie di risorse di rete per l’approfondimento di un tema difficile e misconosciuto.

Secondo il DSM IV la Disprassia viene generalmente inclusa nella definizione di DCD (Developmental Coordination Desorder), in italiano Disturbi della Coordinazione Motoria, ovvero Disturbo nel quale le prestazioni in compiti di coordinazione motoria, fini o grosso motori, sono significativamente al di sotto del livello atteso rispetto all’età e allo sviluppo intellettivo.

E’ infatti riconosciuta come un disturbo congenito o acquisito precocemente che, pur non alterando nella sua globalità lo sviluppo motorio, comporta difficoltà nella gestione dei movimenti comunemente utilizzati nelle attività quotidiane (ad es. vestirsi, svestirsi, allacciarsi le scarpe) e nel compiere gesti espressivi che servono a comunicare emozioni, stati d’animo; inoltre è deficitaria la capacità di compiere abilità manuali e abilità gestuali a contenuto prevalentemente simbolico. (fonte)

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Carmelo Di Salvo dal blog Bianco sul nero, 23.2.2014

bes

Se per i ragazzi con DSA la normativa è chiara (grazie alla legge 170)… non è altrettanto delineata per ciò che riguarda i BES. In questo articolo cercherò di delineare quale percorso dovrebbero intraprendere le istituzioni scolastiche nei confronti dei propri alunni che in corso d’anno devono sostenere l’esame di stato.

Il MIUR ha emanato il 24/04/2013 l’O.M. n° 13/13 che non arreca modifiche alla normativa precedente concernente gli esami di stato per gli alunni con disabilità. La novità dell’ordinanza è costituita dal comma 4 dell’art. 18 in cui si fa riferimento implicito agli alunni con altri Bisogni Educativi Speciali (svantaggio e disagio) di cui alla Direttiva Ministeriale del 27/12/2012 ed alla C.M. n° 8/13.

La norma così recita:
“Per altre situazioni di alunni con difficoltà di apprendimento di varia natura, formalmente individuati dal Consiglio di Classe, devono essere fornite dal medesimo Organo utili e opportune indicazioni per consentire a tali alunni di sostenere adeguatamente l’esame di Stato.”

È necessario elaborare un percorso individualizzato e personalizzato per alunni con BES, attraverso la redazione di un piano didattico personalizzato (PDP), che serva come strumento di lavoro per gli insegnanti e per documentare alle famiglie le strategie di intervento programmate.

La scuola, fermo restando l’obbligo di presentazione delle certificazioni per l’esercizio dei diritti conseguenti alle situazioni di disabilità e di DSA, sulla base di attente considerazioni didattiche e psicopedagogiche, può intervenire con strumenti compensativi o misure dispensative.

Misure educative e didattiche di supporto

Agli studenti con BES è garantito:

–  l’uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico, che tengano conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilinguismo, adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate;

– l’introduzione di strumenti compensativi, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere;

– per l’insegnamento delle lingue straniere, l’uso di strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento, prevedendo anche, ove risulti utile, la possibilità dell’esonero.

Agli studenti con BES sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione.

Quindi, per una corretta e completa valutazione è buona cosa che il Cdc/team docenti:

  • definisca chiaramente che cosa, come e perché si sta valutando;
  • separi i contenuti della valutazione dalle capacità strumentali necessarie a condividerli e ad esplicitarli;
  • dedichi attenzione al processo più che al solo prodotto elaborato;
  • predisponga lo svolgimento delle verifiche secondo le condizioni abituali individuate per lo studente.
  • È inoltre necessario che nella stesura delle prove in itinere e finali ogni docente tenga conto in particolare degli obiettivi irrinunciabili e degli obiettivi essenziali della propria materia, anche nella prospettiva di un curricolo verticale, soprattutto al fine di evitare riduzioni del curricolo di studio che precluderebbero l’ottenimento di un titolo con valore legale.

Come indicato anche dalla nota MIUR del 22.11.2013, la scuola può intervenire nella personalizzazione in tanti modi diversi, informali o strutturati, secondo i bisogni e la convenienza; pertanto la rilevazione di una mera difficoltà di apprendimento non dovrebbe indurre all’attivazione di un percorso specifico con la conseguente compilazione di un Piano Didattico Personalizzato Inoltre, nel caso di difficoltà non meglio specificate, soltanto qualora nell’ambito del Consiglio di classe (nelle scuole secondarie) o del team docenti (nelle scuole primarie) si concordi di valutare l’efficacia di strumenti specifici questo potrà comportare l’adozione e quindi la compilazione di un Piano Didattico Personalizzato, con eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative. Non è compito della scuola certificare gli alunni con bisogni educativi speciali, ma individuare quelli per i quali è opportuna e necessaria l’adozione di particolari strategie didattiche.

Pertanto l’uso di strumenti compensativi e di particolari metodologie didattiche nel corso dell’anno scolastico, e fino al momento in cui il PDP eventualmente non decada, dev’essere finalizzato a mettere in grado lo studente di affrontare l’esame di licenza o l’esame di Stato con le stesse possibilità degli altri studenti della stessa classe, riducendo al minimo la fatica e le difficoltà conseguenti lo specifico BES.

Nel link che segue troverete l’ OM con le parti evidenziate per gli alunni dsa.
http://www.aiditalia.org/upload/ordinanza_ministeriale_13_2013.pdf

Consultate anche questo documento dell’UST della LOMBARDIAhttp://www.istruzione.lombardia.gov.it/wp-content/uploads/2014/01/protlo45_ 13all1.pdf



Segnaliamo il lavoro del dott. G. Lo Presti sui BIsogni educativi speciali (Fonte)

BES Bisogni educativi speciali

Gli studenti con disabilità, con disturbi evolutivi (come DSA, ADHD etc.) e con svantaggio socio-economico, linguistico e culturale necessitano di Bisogni Educativi Speciali (BES) a scuola.

Su questo tema oggi vi è molta confusione. Una lettura superficiale della normativa rischia di portare a delle affermazioni come “i BES non esistono”; “Allora sono tutti studenti-BES” oppure “Senza certificazione non posso fare niente” e molte altre ancora, ma è tutto inesatto.

Sulla base di questi e di altri punti problematici, ecco 10 delucidazioni necessarie per operare e muoversi, da insegnante, genitore ed operatore, descritte in maniera chiara e con un preciso richiamo ai punti più salienti delle direttive ministeriali:

 1 – La scuola individua gli studenti con Bisogni Educativi Speciali in tre modi, attraverso: certificazione, diagnosi o da considerazioni didattiche.

“Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socio-economico, linguistico, culturale” (punto 1, Dir. M. 27/12/2012)

Possiamo trovarci di fronte a tre diverse situazioni.

a) Alunni con certificazione di disabilità, questa fa riferimento alla leg. 104/92 (art3) ed elaboriamo un PEI.

b) Alunni con diagnosi di disturbi evolutivi:

– Se hanno diagnosi di DSA, facciamo riferimento alla Leg 170/10 e DM 5669 12/7/2012 ed elaboriamo un PDP.

– Se hanno diagnosi di ADHD, Disturbi del Linguaggio, Disturbi della coordinazione motoria o non-verbali allora la scuola è in grado di decidere in maniera autonoma, “se” utilizzare, o meno, lo strumento del PDP, in caso non lo utilizzi ne scrive le motivazioni, infatti: “la scuola può intervenire nella personalizzazione in tanti modi diversi, informali o strutturati, secondo i bisogni e la convenienza. (…) il Consiglio di Classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato con eventuali strumenti compensativi e/o misure dispensative, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione” (Piano Didattico Personalizzato, pag. 2 Nota Ministeriale MIUR del 22/11/2013, n°2363)

c) Alunni con svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale: “Tali tipologie di BES dovranno essere individuate sulla base di elementi oggettivi (come ad es. una segnalazione degli operatori dei servizi sociali), ovvero di ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche

(Area dello svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale, CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013).

Il temine “ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche” presuppone che un alunno (in assenza di diagnosi o certificazioni mediche), il quale mostra delle difficoltà di apprendimento legate al fatto di provenire da un ambiente con svantaggio socio-economico, con deprivazioni culturali o linguistiche (come nel caso degli stranieri), può essere aiutato dalla scuola con l’adozione di percorsi individualizzati e personalizzati come strumenti compensativi e/o dispenativi (pag. 3 CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013) ma “non” è obbligata a fare il PDP, dunque sceglie in autonomia se fare o meno un PDP, e questi interventi dovranno essere per il tempo necessario all’aiuto in questione.

 2 – Alcuni BES possono essere anche temporanei

I Bisogni Educativi Speciali degli alunni nell’area dello svantaggio socio-economico, linguistico e culturale, prevedono interventi verificati nel tempo così da attuarli solo fin quando serve. Daremo priorità alle strategie educative e didattiche più frequenti anziché alle modalità di dispensazione/compensazione.

 “Si avrà cura di monitorare l’efficacia degli interventi affinchè siano messi in atto per il tempo strettamente necessario. Pertanto, a differenza delle situazioni di disturbo documentate da diagnosi, le misure dispensative (…) avranno carattere transitorio ed attinente aspetti didattici, privilegiando dunque le strategie educative e didattiche (…) più che strumenti compensativi e misure dispensative” (pag. 3 CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013)

 3 – Non esiste la “diagnosi di BES” ma necessità di Bisogni Educativi Speciali a  scuola

“Mio figlio ha un BES”, “Nella relazione vi è messo diagnosi di BES”, oppure ancora, alla domanda: “Che diagnosi ha? Di BES”: Sono tutte affermazioni errate, inesatte e difformi da ogni normativa e documento ufficiale. La diagnosi di “Bisogno Educativo Speciale” non esiste. La diagnosi è una dicitura sanitaria. La diagnosi può essere di “Disturbo Specifico di Apprendimento, nello specifico di Dislessia Evolutiva”, oppure diagnosi di “ADHD”. Quindi non esiste ne la diagnosi (e dunque neppure la certificazione) di Bisogni Educativi Speciali.

Cosa diversa è se vi è una relazione specialistica in cui dopo della dicitura diagnostica come “Discalculia Evolutiva” appare un suggerimento come “il soggetto necessita di un BES a scuola”. In questo caso lo psicologo o il medico che compila la relazione sottolinea semplicemente che la scuola avrà cura di adottare gli strumenti d’intervento per gli alunni con Bisogni Educativi Speciali.

Dunque il BES non si certifica (per un approfondimento leggi il post del Prof. Flavio Fogarolo).

4 – I Bisogni Educativi Speciali dei DSA: ovvero BES e DSA sono due concetti diversi.

“La presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati «DSA», che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana” (Art. 1 Leg.170/10).

I DSA tecnicamente non sono dei BES, ma i DSA necessitano di Bisogni Educativi Speciali a scuola, ovvero di interventi e strategie didattiche specifiche per i DSA.

Lo stesso principio vale per l’ADHD, o Disturbi del Linguaggio o svantaggio socio-culturale. Tutti questi necessitano di un Bisogno Educativo Speciale a scuola.

In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana

(Dir. MIUR 22/12/2012).

Per una più corretta informazione potrebbe essere meglio superare denominazioni come “BES e DSA”. Si rischia che il genitore, insegnante o operatore che legge, non conoscendo la normativa, la prima cosa che si domandi è: “ma allora BES e DSA sono due cose diverse?”.

5 – Il PDP – Piano Didattico Personalizzato NON è obbligatorio per tutti i BES

Il Piano Didattico Personalizzato citato nella normativa è previsto dal DM n°5669 12/7/2011 sui DSA.

E’ obbligatorio quando: abbiamo una diagnosi di Disturbo Specifico di Apprendimento, dunque con tutti codici che iniziano con F 81 dell’ ICD-10.

“E’ necessario il riferimento ai codici nosografici (attualmente tutti quelli compresi nella categoria F81: Disturbi evolutivi Specifici delle Abilità Scolastiche) e alla dicitura esplicita del DSA in oggetto (della lettura e/o della scrittura e/o del calcolo).”

(Art. 3, comma 1, “Elementi di Certificazione Diagnostica” della Conferenza Stato-Regioni per Diagnosi DSA)

E’ scelta della scuola quando:

Abbiamo una diagnosi di Disturbo Evolutivo (diverso dai DSA) come ADHD, Disturbo del Linguaggio, Disturbo Coordinazione Motoria o visuo-spaziale.

Oppure quando abbiamo delle difficoltà di apprendimento, svantaggio socio-culturale o alunni stranieri.

“Si ribadisce che, anche in presenza di richieste dei genitori accompagnate da diagnosi che però non hanno diritto alla certificazione di Disabilità o di DSA, il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione”

(Piano Didattico Personalizzato, pag. 2 Nota Ministeriale MIUR del 22/11/2013, n°2363)

Nei casi con Disabilità certificata ai sensi della Leg.104/92 a scuola va compiliamo il PEI.

6 – Il PDP può essere compilato in qualsiasi periodo dell’anno.

Se vi è diagnosi di DSA si compila entro 3 mesi.

La compilazione spetta sempre alla scuola, e questo può avvenire durante l’anno anche inoltrato.

Solo per le diagnosi di DSA, il PDP dovrebbe essere operativo entro 3 mesi dalla presentazione della documentazione diagnostica a scuola. Motivo per cui è sempre bene segnarsi data e numero di protocollo della presentazione dei documenti.

 

“la scuola predispone, nelle forme ritenute idonee e in tempi che non superino il primo trimestre scolastico un documento che dovrà contenere almeno le seguenti voci, articolato per le discipline coinvolte dal disturbo” (DM n°5669 12/7/2011) a questo punto  seguono alcuni punti da inserire nel PDP, in questa pagina il MIUR mette a disposizione dei modelli di PDP.

 

Se si frequenta una classe in cui vi saranno gli esami di Stato, è invece richiesto che la diagnosi sia presentata entro il 31 marzo dell’anno in corso (CM n° 8 del 6/3/2013)

7- Consenso Genitori: firmano PDP, ma non (ovviamente) per interventi didattici.

Il PDP va firmato da tre figure: Dirigente scolastico (o da suo delegato), dai docenti e dalla famiglia, ciò è riportato a pag. 2 della CM n° 8 del 6/3/2013.

Infatti il PDP rappresenta un accordo di reciproca collaborazione tra scuola e famiglia. Ma, come abbiamo detto, il PDP non è necessario per tutti i BES, in molti casi la scuola può decidere di mettere in atto della strategie didattiche di intervento senza formalizzarle nel PDP. In questo caso, non essendoci il PDP non è necessaria alcuna firma da parte della famiglia. D’altro canto non c’è bisogno di alcun documento per spiegare l’utilizzo di strategie didattiche più conformi a migliorare l’apprendimento di un alunno in difficoltà.

8 – Il PDP è uno strumento operativo che va applicato.

Che il PDP non si trasformi in un dovere burocratico quanto piuttosto in un’occasione per i docenti di poter far apprendere al meglio i propri studenti.

Le indicazioni operative indicano che il PDP non è un elenco di modalità dispensative/compensative  e neppure delle caselline, tipo checklist, da spuntare.

Si corre il rischio di produrre un PDP più per il bisogno d’avere un documento da registrare che delle indicazioni semplici ed operative da poter adottare.

“il Piano Didattico personalizzato non può essere inteso come mera esplicazione di strumenti compensativi e dispensativi per gli alunni con DSA; esso è bensì lo strumento in cui si potranno, ad esempio, includere progettazione didattico-educative calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita (di cui moltissimi alunni con BES, privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano), strumenti programmatici utili in maggior misura rispetto a compensazioni o dispense, a carattere squisitamente didattico-strumentale”.

(CM n°8 del 6/3/2013).

La cosa più importante per il quale sono state elaborate queste normative, facciamo corsi di formazione e per cui siamo qui a discutere è di certo una: applicare il PDP in classe.

9 – BES e prove Invalsi: il loro svolgimento dipende dal tipo di disturbo o difficoltà.

La nota MIUR, in tal senso chiarisce ogni procedura (è possibile scaricarla qui) da cui riproponiamo la tabella riassuntiva:

Svolgimento prove INVALSI Inclusione dei risultati nei dati di classe e di scuola Strumenti compensativi o altre misure Documento di riferimento
BES Disabilità certificata ai sensi dell’art. 3 c.1 e c.3 della legge 104/1992 Disabilità intellettiva Decide la scuola NO Tempi più lunghi e strumenti tecnologici (art.16, c. 3 L. 104/92) 

Decide la scuola

PEI
Disabilità sensoriale e motoria SI SI (c) Decide la scuola PEI
Altra disabilità Decide la scuola NO (b) Decide la scuola PEI
Disturbi evolutivi specifici (con certificazione o con diagnosi) DSA certificati ai sensi della legge 170/2010 (d) Decide la scuola SI (a) Decide la scuola PDP
Diagnosi di ADHD-Bordeline cognitivi

-Disturbi evolutivi specifici

SI SI (a) Decide la scuola PDP
Svantaggio socio-economico, linguistico e culturale SI SI NO

(a) A condizione che  le misure compensative e/o dispensative siano concretamente idonee al superamento della specifica disabilità o del disturbo specifico.

(b) Salvo diversa richiesta della suola.

(c) A condizione che i dispositivi e gli strumenti di mediazione o traduzione sensoriale (ad esempio sintesi vocale) siano concretamente idonei al superamento della specifica disabilità sensoriale.

(d) Sono compresi anche gli alunni e gli studenti con diagnosi di DSA in attesa di certificazione.

10 – Con diagnosi di DSA rilasciata da struttura privata redigiamo il PDP

Qui il MIUR mette un punto fermo: Piano Didattico Personalizzato subito con la diagnosi di DSA della struttura privata in mano.

Il punto più rilevante di questa normativa è che permette alle famiglie, rivolgendosi al professionista privato,  di abbattere sia i lunghi tempi di molti enti pubblici, sia i costi elevati di tanti enti accreditati e nel contempo che vi sia garantita una diagnosi rigorosa perché compilata da professionisti che rispettano la Consesus Conference sui DSA.

In questo modo, sia la scuola che la famiglia, può attivarsi tempestivamente per una diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi come previsto dalla legge quadro dei DSA (comma f, art 2, L. 170/10).

Dunque i docenti possono accettare la diagnosi di DSA emessa da strutture private per la piena applicazione della Legge 170/10 e DM 5669 12/7/2011:

“Per quanto riguarda gli alunni in possesso di una diagnosi di DSA rilasciata da una struttura privata, si raccomanda – nelle more del rilascio della certificazione da parte di strutture sanitarie pubbliche o accreditate – di adottare preventivamente le misure previste dalla Legge 170/2010, qualora il Consiglio di classe o il team dei docenti della scuola primaria ravvisino e riscontrino, sulla base di considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente riconducibili al disturbo. Pervengono infatti numerose segnalazioni relative ad alunni (già sottoposti ad accertamenti diagnostici nei primi mesi di scuola) che, riuscendo soltanto verso la fine dell’anno scolastico ad ottenere la certificazione, permangono senza le tutele cui sostanzialmente avrebbero diritto. Si evidenzia pertanto la necessità di superare e risolvere le difficoltà legate ai tempi di rilascio delle certificazioni (in molti casi superiori ai sei mesi) adottando comunque un piano didattico individualizzato e personalizzato nonché tutte le misure che le esigenze educative riscontrate richiedono.”

(Pag. 2 e 3 della CM MIUR n° 8-561 del 6/3/2013).

Sulla base di questi dieci punti, ecco come agire praticamente a scuola con gli studenti con Bisogni Educativi Speciali.

 Schema riassuntivo delle nostre 10 precisazioni caso per caso:

 

Alunni che necessitano di Bisogni Educativi Speciali a scuola sono:  Come lo individuo Cosa faccio Per quanto tempo
Disabilità certificata ai sensi dell’art. 3 c.1 e c.3 della legge 104/1992 Disabilità intellettiva PEI Sempre ma con modifiche annuali.
Disabilità sensoriale e motoria
Altra disabilità
Disturbi evolutivi specifici (con certificazione o con diagnosi) DSALegge 170/2010

 

In attesa di certificazione, va bene diagnosi di specialista privato.

CM n° 8 del 6/3/2013

PDP Sempre ma con modifiche annuali.
Diagnosi di ADHD-Bordeline cognitivi

-Disturbi evolutivi specifici

 

Per “diagnosi” si intende invece un giudizio clinic

o, attestante la presenza di una patologia o di un

disturbo, che può

essere rilasciato da un medico, da uno psicologo o

comunque da uno specialista iscritto negli albi del

le professioni

sanitarie.”

CM n° 8 del 6/3/2013

 

Strategie didattiche non formalizzare 

oppure

 

PDP

(se il CdC lo ritiene opportuno)

 

“Il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione”

(Nota MIUR del 22/11/2013, n°2363)

Circoscritto nell’anno scolastico di riferimento e messo in atto per il tempo strettamente necessario. 

CM n° 8 del 6/3/2013

 

 

 

Svantaggio socio-economico, linguistico e culturale Tali tipologie di BES dovrannoessere individuate sulla base di elementi oggettivi

(come ad es. una segnalazione degli operatori dei  servizi sociali), ovvero di ben fondate considerazioni psicopedagogiche e didattiche.”

Note La diagnosi di BES non esiste.

Un anno sperimentale: raccontaci la tua opinione

Il MIUR nella Nota del 22/12/2013 ha sottolineato che il corrente anno scolastico sarà utilizzato per sperimentare e monitorare procedure e metodologie relative ai Bisogni Educativi Speciali a scuola.

E’ quindi importante conoscere la tua esperienza e quella dei tuoi colleghi.

Scarica e dai uno sguardo all’allegato proposto, stampalo o inoltralo ad amici e conoscenti per conoscere anche la loro opinione. Ma, sopra ogni cosa, se questo post è ricco di informazioni è anche grazie a chi ha speso il proprio tempo a raccontare la propria esperienza.

Come ti trovi a scuola con la nuova normativa sui BES? Che miglioramenti apporteresti? Cosa va bene o che cosa cambieresti?

http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/glopresti/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qui trovi tutti i link alla normativa citata nel testo:

Legge quadro sui DSA 170/2010

DM 5669 del 12/7/2011

Direttiva BES del 27/12/2012

Circolare MIUR n° 8-561 6/3/2013

Nota MIUR del 22/11/2013

Nota Invalsi per alunni BES

 

 

 

 

 

 


Segnaliamo il contributo di Silvia Tabarelli e Francesco Pisanu dal titolo “Elementi generali di approfondimento sui BES nel contesto italiano” nella collana Quaderno di Ricerca della casa editrice Loescher .
Il contributo è scaricabile gratuitamente.
Ecco l’indice:
  • Che cosa sono i BES;
  • L’integrazione scolastica dei BES in Italia;
  • Alcune criticità del modello di integrazione italiano;
  • Dall’integrazione all’inclusione (non solo per i BES);
  • L’azione della scuola secondo la normale specialità
  • Appendice ;
  • Il disagio e le Sigle;
  • Scuola: il pianeta disagio;
  • Tecnologie e disabilità;
  • Competenze e valutazione.

 


Empatia ed apprendimento

Il termine empatia deriva dal greco “en pathos” letteralmente sentire dentro. Nel linguaggio quotidiano questo termine  è spesso sinonimo di sensibilità , comprensione, altruismo.

Sin dai primi mesi di vita i bambini si dimostrano capaci di provare una qualche forma di empatia, sono cioè capaci di sintonizzarsi sulla tonalità affettiva delle persone con cui sono in relazione.

Dal punto di vista psicologico l’empatia  è un processo complesso , a cui concorrono sia componenti

cognitive (le abilità di riconoscimento e comprensione delle emozioni) sia componenti emotive, costituite dalla capacità di condividere l’emozione dell’altro.

Oggi la letteratura concorda sulla natura multidimensionale dell’empatia che viene definita come “la capacità di capire e condividere ciò che gli altri provano” (Albiero e Matricardi, 2006). Quindi nell’empatia possiamo rintracciare tre processi  psicologici importanti: il riconoscimento delle emozioni,  la capacità di assumere la prospettiva dell’altro e la condivisione emotiva.

A scuola l’empatia può costituire un potente collante sociale e un meccanismo di comprensione reciproca tra adulti e bambini e tra bambini.  Possiamo  cioè  rintracciare l’empatia nelle relazioni adulto-bambino  e nelle relazioni tra compagni.

(segue)


Prove Invalsi al via dal prossimo 6 maggio per oltre 2 milioni di studenti. Un momento di verificache serve ad accertare i livelli di apprendimento e le competenze degli alunni in due ambiti fondamentali: Italiano (comprensione della lettura e grammatica) e Matematica.

prove invalsi 6 maggio 2014

Ogni anno le rilevazioni dell’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione (Invalsi) offrono a ciascuna scuola dati che possono essere utilizzati come strumento di riflessione e miglioramento, poiché forniscono il paragone con un campione rappresentativo a livello regionale e nazionale. Nel 2013, spiega il Miur, tutte le scuole hanno partecipato alla rilevazione e il 71% degli istituti ha utilizzato il Rapporto restituito a settembre dall’Invalsi con le analisi relative alle proprie classi. Un numero in costante crescita: le prove hanno superato, a quattro anni dalla loro introduzione a regime, gran parte delle iniziali diffidenze registrate nella comunità scolastica.

Le prove Invalsi coinvolgeranno quest’anno le classi seconde e quinte della scuola primaria, le terze della scuola media e il secondo anno della scuola superiore. Il calendario: 6 maggio 2014: prova di Italiano per la seconda e quinta primaria; 7 maggio 2014: prova di Matematica per la seconda e quinta primaria, 13 maggio 2014: prova di Italiano e Matematica per la seconda della secondaria di II grado; il 19 giugno 2014 è in programma la prova di Italiano e Matematica di terza media che fa parte dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo d’istruzione. Da quest’anno non verrà più svolta la prova di prima media.

Gli studenti interessati saranno oltre 2.285.000 (circa 568.000 in seconda primaria, circa 561.000 in quinta primaria, circa 594.000 nelle terze delle medie e circa 562.000 in seconda superiore). Le prove sono strutturate in modo differente in base al livello scolastico a cui si riferiscono, sono direttamente collegate con le Indicazioni Nazionali (i programmi di studio) e vanno da un minimo di 20-25 domande per materia per la seconda primaria a un massimo di circa 50 domande, sempre per materia, per la seconda superiore. Anche i tempi previsti per lo svolgimento variano in funzione del livello scolastico: per la II primaria gli alunni avranno a disposizione, sia per la prova di Italiano che di matematica 45 minuti mentre per la quinta e la terza media ci sono a disposizione 75 minuti.

Infine, per la seconda superiore gli studenti avranno a disposizione 90 minuti sia per la prova di Italiano che di quella di matematica. Come ogni anno, prosegue il Miur, è stato estratto un campione rappresentativo di classi in cui tutte le operazioni saranno curate da un osservatore esterno. Unprimo rapporto sugli esiti delle prove, basato sui dati campionari, sarà disponibile già il prossimo 10 luglio. Mentre a settembre le scuole avranno a disposizione i dati relativi alle loro classi. La quota di istituti che ha utilizzato questi dati nel 2013 è stata pari al 71%. Erano il 51% nel 2012 e il 42% nel 2011.

Grazie al collegamento degli esiti dell’Invalsi con l’Anagrafe dello Studente dal prossimo anno scolastico sarà possibile fornire i risultati della prova di quinta primaria anche alla scuola media che gli allievi frequenteranno da settembre. Pochi giorni dopo lo svolgimento delle prove sul sito dell’Invalsi (www.invalsi.it) sarà messa a disposizione di insegnanti, alunni, genitori e cittadini unaguida che illustrerà come ciascuna domanda a cui gli studenti hanno risposto sia direttamente collegata alle Indicazioni nazionali da poco aggiornate. Per garantire il massimo dell’inclusione, Invalsi e Miur hanno predisposto una nota che definisce le modalità di partecipazione degli allievi con bisogni educativi speciali. Per il futuro si sta lavorando alla somministrazione informatica delle prove che potrebbe sbarcare nelle scuole già nel 2015 in forma sperimentale. Da oltre un anno, poi, l’Istituto sta sperimentando modelli alternativi di prove per il quinto anno della scuola superiore da proporre al Miur per la loro possibile introduzione. Si lavora anche all’ampliamento degli ambiti disciplinari oggetto di misurazione (lingua inglese, scienze naturali) e per rendere direttamente comparabili gli esiti nazionali delle rilevazioni con quelli delle ricerche internazionali (Pisa, Timss, Pirls).

* Fonte – http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/03/test-invalsi-2014-al-via-il-6-maggio-per-2-milioni-di-studenti/972087/


Stili di apprendimento e stili cognitivi

Lo stile di apprendimento è un comportamento cognitivo, affettivo e fisiologico di come viene appreso l’ambiente intorno a sé e vengono acquisite nuove informazioni. Esistono svariati stile che vengono classificati in diversi modi e la persona stessa può usare diversi stili a seconda della situazione.

Una prima classificazione sensoriale suddivide gli stili in: visivo, auditivo verbale/non verbale e cinestesico. Da un punto di vista cognitivo invece le informazioni si elaborano in maniera analitica (dai dettagli si ricostruisce l’insieme) o globale (dalla totalità si scende nei dettagli), in maniera sistematica o intuitiva, riflessiva o impulsiva.

Esistono poi lo stile multimodale, della dominanza emisferica, il modello sociale solitario, il ciclo dell’apprendimento di Kolb, il modello di Honey e Mumfords ed infine la tassonomia Blooms. (Fonte  Wikipedia)

Qualche stimolo per iniziare:


8 Aprile 201

ADHD ed emozioni. Come aiutare i bambini a regolarle?

di Marco Stefanelli

La capacità di autoregolarsi dei bambini con ADHD è notoriamente poco sviluppata e non interessa solo l’attenzione e i comportamenti ma anche le proprie emozioni. 

Se sei un genitore pensa alle crisi di collera che tuo figlio può avere di fronte alla frustrazione di un rifiuto da parte tua o di un compagno di scuola. La rabbia che prova in queste situazioni ha di solito un’intensità molto elevata e di conseguenza tende a comportarsi in modo distruttivo e poco funzionale.
Le emozioni ed il comportamento sono difatti due dimensioni strettamente collegate che si influenzano reciprocamente. Ad esempio, se provo paura metterò in atto dei comportamenti che mi permettono di difendermi dalla minaccia che percepisco in una certa situazione (attacco, scappo o “mi paralizzo” dalla paura). Oppure, in seguito ad un giudizio negativo dell’insegnante, l’alunno prova vergogna o tristezza per aver deluso i suoi genitori ed aver fallito.

TUTTI NOI PROVIAMO EMOZIONI!

Sono le nostre reazioni soggettive agli eventi che viviamo e si esprimono a livellocognitivo (i pensieri, le immagini che abbiamo in mente in quella situazione), a livellocomportamentale e a livello fisiologico. Ad esempio, se sono arrabbiato avrò dei pensieri relativi all’ingiustizia subita (“non doveva succedere a me”, “non doveva comportarsi in quel modo”,etc), cercherò con le azioni di affermare il mio potere e far valere le mie ragioni e proverò una serie di cambiamenti fisiologici che mi preparano all’azione (calore, tachicardia, tensione muscolare,etc).
Le emozioni sono dunque degli elementi preziosi per la nostra vita quotidiana, in quanto ognuna ci trasmette delle informazioni precise sul significato che stiamo attribuendo ad una certa situazione e quindi contribuisce a dare senso alla nostra esistenza.

PROVARE EMOZIONI NEGATIVE (es: rabbia, tristezza, paura,vergogna) NON È SBAGLIATO!

Può essere sgradevole ma non è una questione da risolvere. Lo diventa se non riusciamo a gestire le emozioni, ovvero a ridurre la loro intensità, durata e frequenza. Voglio dirti che non è un problema se tuo figlio o il tuo alunno si arrabbia, ma lo diventa se la sua collera è troppo forte e dura troppo a lungo. Una rabbia eccessiva potrebbe farlo diventerare molto aggressivo e/o violento nei tuoi confronti o con gli amici.

Per gestire in modo efficace le emozioni dobbiamo essere in grado di autoregolarle e questa capacità è compromessa nei bambini con ADHD.

COSA SIGNIFICA AUTOREGOLARE LE EMOZIONI?

Saper autoregolare le proprie emozioni significa possedere una serie di abilità:

– essere consapevoli dell’emozione che si prova ovvero riconoscerla, andare oltre il generico “sto male” “sono nervoso” e cercare di dare un nome a ciò che sentiamo – “provo paura” “mi sento triste, arrabbiato,etc”;

– comprendere il significato dell’emozione attraverso delle domande su ciò che si ha in testa in quel momento – ad es. se provo paura dovrò chiedermi “qual è la minaccia che credo sia presente in questa situazione? Essere rimproverato dall’insegnante/genitore, non essere in grado di svolgere i compiti?” ;

-accettare di provare tutte le emozioni anche quelle più sgradevoli, soprattutto se siamo impegnati in azioni finalizzate ad uno scopo. Per esempio se sei genitore di un bambino con ADHD avrai notato che tuo figlio mentre fa i compiti a casa tende a distrarsi, non sta fermo e vorrebbe alzarsi per fare altre cose più piacevoli (videogiochi, uscire,etc). In quel momento aiutarlo a gestire le emozioni negative (es: rabbia per non riuscire a svolgere un esercizio, paura di sbagliare,etc) lo aiuta ad automotivarsi e proseguire nell’esecuzione dei compiti.

– utilizzare delle strategie adeguate al contesto in cui ci si trova e che permettono di ridurre l’intensità e/o la durata dell’emozione invece di cercare di sopprimerla. Conoscere i pensieri irrazionali che abbiamo in quel momento e “ristrutturarli” può essere efficace a farci sentire meglio e quindi a non agire “in balìa” dell’emozione.

QUALI SONO LE DIFFICOLTà DEI BAMBINI CON ADHD?

A casa, a scuola, quando fanno sport, i bambini con ADHD presentano una serie di difficoltà ad autoregolare le emozioni:

– sono emotivamente più reattivi degli altri quando provano emozioni sgradevoli (es: si arrabbiano più facilmente/rapidamente delgi altri);

– sono meno capaci di regolare ed inibire le emozioni durante lo svolgimento di azioni finalizzate. Ad esempio se sei un insegnante avrai notato la difficoltà di un alunno con ADHD a seguire attentamente la lezione in classe, la difficoltà ad aspettare il proprio turno di parola, la facilità con cui si arrende di fronte agli ostacoli e cerca altre attività più gratificanti;

– sono più dipendenti dagli stimoli esterni nella regolazione dei propri stati d’animo (sappiamo già quanto è importante il rinforzo positivo dei comportamenti adeguati!)
– sono meno empatici o abili a comprendere gli altri, a capire che agiscono sulla base di pensieri ed emozioni diverse dalle proprie. Ad esempio, quando giocano con gli altri bambini fanno fatica a mettersi nei panni degli altri e tendono ad imporre le loro scelte o agiscono in modo impulsivo, senza pensare.

COSA POSSIAMO FARE ?

Per aiutare i bambini a sviluppare le loro capacità di autoregolare le emozioni, sia che tu sia un genitore o un insegnante, puoi fare molto per aiutare tuo figlio o un tuo alunno con ADHD.

Puoi proporre una serie di attività da fare a casa o in classe, che lo aiuteranno a riconoscere meglio le sue emozioni e a gestirle in modo adeguato.

Il metodo che ti propongo è quello dell’educazione razionale- emotiva, una serie ditecniche e strumenti pratici che hanno lo scopo generale di regolare le emozioni attraverso la conoscenza e il cambiamento del nostro modo di pensare. A volte abbiamo tutti dei pensieri o delle idee troppo rigide ed assolute e ciò influenza il nostro modo di sentire, amplificando le emozioni.

Gli effetti di un intervento razionale-emotivo saranno quelli di ridurre l’impulsività dei bambini con ADHD, migliorare le loro relazioni con i compagni e con gli adulti e soprattutto aumentare la loro autostima. Molto spesso infatti, i loro comportamenti producono reazioni negative negli altri (rimproveri, rifiuti, giudizi negativi -es.”sei cattivo”, “non voglio più giocare con te” “sei sempre il solito guastafeste”etc) e a lungo andare l’idea che hanno di sè ne viene intaccata negativamente.

Cercare quindi di modificare le convinzioni disfunzionali con la tecnica dell’ABC e della ristrutturazione cognitiva è un modo utile per migliorare la loro autostima e farli sentire meglio. Un primo passo che puoi realizzare subito, verso questo obiettivo, può essere quello di insegnare al bambino a riconoscere le emozioni, ad esempio mostrandogli delle immagini o disegni, di bambini che mostrano gioia, rabbia, paura o tristezza e chiedendogli “Secondo te come si sente questo bambino?”. Nei prossimi articoli vedremo poi come procedere ulteriormente.

Intanto, ti lascio riflettere su una frase di un filosofo dell’antichità, che, prima degli psicologi cognitivo-comportamentali, aveva ben compreso il legame tra pensieri ed emozioni!

Non sono i fatti a turbare gli uomini, ma le opinioni intorno ai fatti” – Epitteto

Fonte – http://www.forepsy.it/index.php/blog/adhd-ed-emozioni-come-aiutare-i-bambini-a-regolarle.html


Presentiamo il lavoro del’insegnante Nicola Molteni presentato ad Appiano Gentile nello scorso aprile 2013

 

BES - Didattica Inclusiva

 

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